Pagina:Orazioni di Buonaccorso da Montemagno il Giovane.pdf/25

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lesta, e de’ quali i testimoni contro a me sono apparecchiati. Ma, per gli Iddii immortali, tu medesimo, Cicerone, co’ tuoi costumi ora ti dimostri. Il tuo furore troppo impudentemente alquanto usi. Non era in questa congiurazione da domandar la fede al Popolo Romano, se me scacciare e distruggere disideravi. Quegli dovevi eleggere, la vita dei quali più oscura, e i fatti un poco più occulti fossono stati. Molti per certo colla medesima pecunia alla tua ambizione più utilmente avrebbono acconsentito; ma il mal dire di quegli nessuno buono cittadino debbe temere, perchè facilmente possono essere ripruovati; conciossiachè la fortuna loro, la fede, e i fatti assai apertamente sieno manifesti. Quelli i quali a me avessono a nuocere o a giovare, più tosto che avversi e contrarii, che propizii o benigni mi fossono vorrei, acciò che la mia famigliarità, la mia vita con essi egualmente in dispregio non conducessi.

Adunque ora a voi, Padri Coscritti, tutti i fatti del Consolo vi sono noti e aperti. Ora eziandio a voi la mia innocenzia può essere manifesta. Che cose lui alla morte di Catilina, e a perturbare la Republica hanno commosso, chiaramente vedete. Meco da private inimicizie era stimolato; e per essergli stata la novità rimproverata, tutta la nobilità gravemente ha in odio, e secondo il costume de’ suoi antichi, naturalmente questa Patria inimica. E per tal cagione discordie e perturbazioni al continuo apparecchia, semina scandoli; nè mai il suo animo impazientissimo al nostro male e ruina si riposa. Accusa innanzi agli altri di prodizione1 della Patria me Romano, Patrizio e Senatore, del quale tante opere, tanti imperii, tanti magistrati, tanti benefici dei miei antecessori con amplissimo splendore di tutta la Repubblica sono evidentissimi; e a me

per ingiuria la povertà rimprovera, la quale in una città ricchissima ancora ai minori Magistrati mai non potè nuocere,

  1. Prodizione, tradimento, inganno, ordito contra la fede.