Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
18
Mari e le Terre con armi e battaglie avevano vittoriosamente
superato; finalmente, quando tra loro medesimi le miserabili
armi convertirono, non potendo essere stati dalle altrui abbattuti dalle loro proprie forze furono vinti. E ultimamente a tale
condizione e stato declinarono, che quella Città clarissima, il
cui tremendo nome in paura soleva essere di tutte le genti,
ciascuno vilissimo oste ha assai: volle quella vinta e combattuta. Taccio le miserie fresche d’Italia; perocchè innanzi agli
occhi di ciascuno possono essere patenti. Ma veramente per
le discordie e differenzie cittadinesche avete ne’ vostri di potuto cognoscere molte nobilissime e potenti Città d’Italia disfatte, ed everse (1) miserabilmente giacere. Se adunque a voi
piace la dolcezza e la bellezza della vostra gloriosa libertà; se
la salute della vostra Città grata vi diletta; se i conspetti dei
vostri figliuoli, e la pudicizia delle vostre vergini vi sono gioconde; deh, per Dio, tutti con pari consentimento alla conservazione e aumento della vostra Repubblica intendete. E in
questo sommamente vi sforzate, che la pace e concordia dei
vostri cittadini intera e salva sia fermissimamente custodita.
Perocchè niuno stabilimento della Città può essere più fermo;
niuno più fermo presidio d’arme, o d’esercito si può trovare,
che l’unito, e fra sè coniunto amore e benivolenzia de’ cittadini. O beata e fortunata Repubblica, nella quale questo divino dono per steccato e muro da cieli è dato! Se adunque
tanto apparisce essere il frutto dello amore e della concordia;
e tanto si vede essere di detrimento la discordia, e le civili
dissenzioni: pertanto i vostri sapientissimi animi ed ingegni
con ogni studio, opera e diligenzia conforto e prego. Che
questa vostra Repubblica, anzi questa vostra singulare bellezza, e splendido specchio della età nostra, quasi uno mirabile domicilio e casa di pace, e quasi uno sacro Templo di
quiete, e uno santuario di giocondissima libertà, con ogni
(1) Everso. Voce poco usata: qui sta in sentimento di rovinato, distrutto. Omel. S. Greg. 1.12. Le Chiese insino dai fondamenti furono everse ec.