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cui solo glorioso petto, sostenendo tuito l’impeto de nimici,
dirieto (1) il ponte si fè tagliare, disiderando più tosto in mezzo al pericolo delle avverse spade rimanere, che dallo ostile
esercito la Città sua di Roma miserabilmente occupata fusse?
Che diremo noi della incredibile audacia di Curzio Romano,
che essendo una subita e spaventevole voragine apparita nel
Foro publico di Roma, e avendo il Senato avuto risposta dalli
loro Iddii quella mai non doversi richiudere, se non per quella cosa, nella quale più il Popolo di Roma valesse; Curzio interpetrando, questa cosa essere l’arme, e i cavalieri, il nobilissimo giovane tutto armato sopra il feroce cavallo nella orribile caverna volontariamente per la salute della Patria si gittò.
O ardentissima fiamma di carità, degna per certo di sempiterna laude! nella quale egli solo intrepido, e senza paura
tutto lo spavento della Repubblica colla propria morte rinchiudere volle. Infiniti esempli Romani m’occorrono alla memoria,
delli nostri antichi, che volontariamente morte elessono per
la salute della Patria; i quali non solamente a recitare, ma
eziandio a noverare empierebbono lunghissima orazione. Passeremo adunque sotto brevità, per non tediare le eccellenze
vostre, e perdonerannoci in questa volta, gli altri gloriosi cit
tadini, che tante prestantissime opere feciono per lo amplissimo principato Romano. Perdonici Bruto severo vendicatore
della Romana libertà. Perdonici Genizio, che volontario esilio
elesse, perchè l’augurio del futuro Imperio di Roma non gli
sottomettesse la Città sua. Perdonici Decio, che il suo capo
sacrificò, acciocchè il Romano esercito non perisse. Perdonici
i Fabii e i Cammilli, i Torquati, Marcelli e Porzi Catoni, e
quelli singulari splendori de’ Cornelii Scipioni, ed infiniti altri
Romani, i quali con animo tanto forte e generoso dinanzi
agli occhi, non altro avevano che la salute della Repubblica.
Quella a tutte altre cose umane, a tutte l’utilità proprie ante-
(1) Dirieto o di Rieto V. A. Lo stesso che Di Retro: Dietro.