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Pagina:Oriani - Il nemico, vol.2.djvu/121

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— Eccola! esclamò.

S’udiva da lungi il latrato di un cane. Loris e Topine s’alzarono a disporre l’agguato, nascondendosi reciprocamente dentro la macchia, per la quale passava il sentiero e tendendovi il filo. Ne avevano piegato i capi a cerchio, tenendoli stretti in pugno con un fazzoletto per non farsi tagliare le dita dallo strappo, quando il cavallo vi avrebbe urtato. Se non fosse stata Tatiana, bastava abbassare il filo sino a terra, che niuno se ne sarebbe accorto.

Loris si sentiva battere furiosamente il cuore, non poteva star fermo. Ogni tanto sporgeva la testa dai cespugli, non capiva quasi più, e si pentiva bestemmiando ferocemente per affrettare la catastrofe. Distinse il fremito di un uccello fra le fronde.

Poi un galoppo poderoso risuonò, le piante stormivano; una voce femminile gridò:

— Ohep!

Loris alzando imprudentemente il capo vide a poca distanza una figura di donna con un lungo velo bianco svolazzante dal cappello a cilindro, curva sul collo di un gran cavallo baio lanciato alla carriera.

— Topine! gridò.

Fu un attimo. Forse la donna aveva udito, ma non avrebbe potuto frenare il cavallo; poi un impeto come di valanga rovesciò tutto, e Loris e Topine si trovarono addosso al cavallo caduto,