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ad Aix-les-Bains, ove era sicuro di trovare dei maestri, avendo già scelto come giuoco più propizio l’écarté. Dopo un mese aveva stretta relazione con alcuni bari e ricevute tutte le lezioni; allora scomparve. Per sei mesi, con una pazienza da prigioniero, si addestrò nella propria camera a togliere dal mazzo delle carte il re con tale disinvolta rapidità, che fosse impossibile accorgersene; egli poi lo avrebbe tentato solamente nei momenti più opportuni, a seconda del carattere dell’avversario e del luogo. Quando credette di essere perfetto, si vestì da operaio e si mise a frequentare le bettole per tentare in basso le prime armi, e giudicare della propria forza. L’esperimento andò bene; allora ridivenne un elegante, e andò a Nizza. Si faceva chiamare come a Kazan Loris Orobine, spacciandosi per un emigrato politico; ma la sua cultura e i suoi modi squisitamente signorili dovevano ottenergli dappertutto la stessa simpatica considerazione.

Viveva solo, in un riserbo quasi troppo aristocratico, non concedendosi alcun vizio. Alcune relazioni con veri signori russi a Cannes gli valsero l’ingresso nella buona società.

Non giuocava che all’écarté dopo aver misurato il valore dell’avversario, affettando pochissima passione al giuoco, e non rubando che nel momento più favorevole. In quella vita mondana gli si era attaccata una così grande vanità signorile, che avrebbe profondamente sofferto di un