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Pagina:Oriani - Il nemico, vol.2.djvu/211

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La vita lo respingeva, la vita, che non vuole tiranni capaci di dominarla.

Da quattro giorni la tranquillità di quell’esistenza al castello gli faceva la stessa impressione del mare ad un naufrago; nessuno di quella gente pensava o sentiva come lui, nessuno avrebbe potuto comprenderlo. Egli si ritraeva istintivamente in sè medesimo, provando nei brividi di un freddo sempre più intenso le prime emozioni della morte.

Poi Tatiana gli era ricomparsa nell’amore del principe, mentre anche questi si ritraeva sfinito dalla lotta, coll’esperienza inconsolabile della sua inutilità; ma il principe, rimasto uomo, poteva ancora amare Tatiana, rientrando nell’oblio della piccola vita individuale. Forse Tatiana non lo amerebbe mai; e che importa? La felicità è piuttosto nell’amare che nell’essere amato.

Loris pensava a tutto questo colla furia di chi, presentendo già la sconfitta, la ricusa doppiamente; sentiva di avere avuto torto, ma nella intatta potenza delle proprie forze non s’arrendeva ancora. Che cosa avevano fatto i più illustri alla sua età? Malgrado le recriminazioni implacabili della ragione, era certo di essere diverso da coloro, il cui solo ufficio è di riprodursi nella serie delle generazioni: perchè come tutti non vi sarebbe allora già entrato. Non avrebbe già potuto amare Tatiana? Tatiana non l’amava ancora?

Il principe solo, nella cecità della propria passione, non se n’era accorto.