Pagina:Oriani - Il nemico, vol.2.djvu/238

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tiva battere il cuore. Gli parve di cogliere a volo quell’odore di fieno, e di seguirlo, senza quasi camminare più, come trascinato in un viaggio, che gli si allungava sempre dinanzi.

Finalmente scoperse una luce lontana sul pavimento; la porta di Tatiana era socchiusa.

Tatiana avvolta in un immenso accappatoio bianco, tutto a merletti, stava sdraiata sopra una lunga poltrona leggendo.

Evidentemente lo aspettava. Loris s’inoltrò senza chiudersi dietro la porta e senza guardarsi attorno; oramai ogni prudenza sarebbe stata inutile.

Si fermò dinanzi a lei; le tese le mani, ella le prese, e si alzò. La sua testa bionda, bella ed imperiosa, sorgeva come da una nuvola bianca, ma pareva anche più bianca, mentre gli occhi cerchiati di nero le contrastavano vivamente colle labbra troppo rosse.

— Sono venuto a chiedere la vostra mano, disse Loris con un suono grave nella voce; quindi, come pentito di avergliele già prese tutte due, le abbandonò. Restarono l’uno in feccia all’altro in atteggiamento quasi rigido.

Loris seguitò:

— Vostro zio mi fece frustare per questo la prima volta. Voi non lo sapevate; la mia legittima vendetta non è più che un errore, di cui siamo entrambi innocenti. Volete darmi la vostra mano?