Pagina:Oriani - Il nemico.djvu/121

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proprie visioni, aveva già letto nella coscienza dei giovani la risoluzione di ritirarsi dall’impresa: il resto del loro gruppo non sarebbe certamente diverso. Egli non ignorava la grande contraddizione del carattere russo, così prudente e positivo nell’opera come temerario ed assoluto nel pensiero, giacchè senza di essa gli sarebbe stato impossibile comprendere l’importanza e al tempo stesso l’inanità del moto nichilista.

Uno scoramento freddo e buio lo invadeva. Il suo ritorno a Pietroburgo non approderebbe quindi a nulla; lo giudicherebbero un pazzo, fors’anco un fanfarone, per giustificare a sè medesimi la vigliaccheria di non volerlo seguire. Allora si rimise a studiare la rivoluzione. Era il suo grande rimedio quando i dubbi lo assalivano, ma tale analisi rapida e minuta di tutte le necessità della guerra e di tutte le previsioni, che il suo ingegno aveva saputo accumulare contro i casi contrari, non bastò a rendergli la fede limpida di altre volte. Pensò di schizzare in alcune norme il profilo della società, che proporrebbe nella riunione di quei giovani, poi la ripugnanza per tutte le vecchie forme settarie glielo impedì. Si spiegherebbe meglio a voce; quando si opera davvero, non è possibile intendersi che parlando. Ma l’angoscia del dubbio gli scoppiava nuovamente nell’anima. Egli fare la rivoluzione da solo, in Russia, in un impero di oltre cento milioni, così vasto e remoto a sè stesso che molti villaggi vi