Pagina:Oriani - Il nemico.djvu/219

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stato! Lo Czar era morto, morta l’aristocrazia.... Egli solo, padrone del segreto, si avanzava laggiù dalla steppa, alla testa di una moltitudine di mugiks montati su magri cavalli, non parlando loro se non per uno di quegli ordini brevi, che mutano la fisonomia degli uomini e delle cose.

A poco a poco si addormentò.

Olga rincantucciata nell’angolo dell’altro divano si scaldava le dita al tubo della lanterna, sotto la pelliccia. Anch’ella sussultava tratto tratto, ripresa da tutte le paure del freddo e dell’ombra, entro il rimorso di quell’immenso delitto, cui nessuna pena umana poteva essere proporzionata. Il suo cuore di donna, troppo piccolo per capire quella passione di Loris, si perdeva nell’amore di lui come in un rifugio, mentre egli invece dormiva tranquillamente sdraiato sulla propria mina. Come tutti gli uomini destinati a mutare la faccia della storia, egli portava seco una fatalità; il suo pensiero simile alla steppa sotto il sole non aveva un’ombra; il suo cuore...., Dio solo sapeva dove glie lo aveva messo. Olga sentiva il proprio amore, preso in quella fatalità, divenirvi egualmente fatale. Era bastato che quell’uomo si presentasse per trascinarla seco al di là di ogni fortuna, al di sopra di ogni ragione.

La lanterna le scaldava sempre più vivamente le mani; ella girò il vetro.

Il raggio cadde sulla testa di Loris, accendendogli un’aureola sui capelli. Il suo volto, in quel pal-