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davvero quei „patiboli destinati per il povero genere umano”, ai quali, nell’altro viaggio da Costantinopoli a Bucarest, aveva poco abatescamente paragonate le rozze croci valacche di Giurgiu. „In tali orride contrade si suole qui giustiziare i ladri, e assassini di strada, ed infatti in qua ed in là incontrammo dei patiboli ben guarniti di pazienti che subito avevano già la loro condanna ed erano stati una partita di ladri valachi, e i quali il principe Ypsilandi era stato obligato di farne fare sollecita esecuzione, mentre se non veniva ad un tal’espediente, ia Valachia tutta principiava a infestarsi di ladri.” Il più curioso è che il Sestini, a proposito di quegl’infelici, invece di sentirsi l’animo compreso di un sentimento d’orrore e di protesta contro sì barbare pene; esce al contrario in considerazioni che han tutta l’aria di voler senza parere confutare alla svelta le umane e profonde pagine del Beccaria: „Entrando nello spirito della nazione valaca, io credo, che un tal supplizio non incuta loro quel ribrezzo, che potrebbe altra nazione provare. Maggior tormento o pena di morte dovrebbe dunque stabilirsi per i delitti gravi secondo lo spirito delle nazioni. Verso il Volga si dà l’eculeo, e in Turchia s’impala, due supplizii peggiori cento volte d’una tirata di cordino, e quanto più il popolo è più barbaro, altrettanto si vede essere stati destinati dei tormenti e delle pene relative a queste premesse: ma non ostante ciò, dacchè esisterà il mondo, avremo dei patiboli, degli eculei, dei pali e dei ladri”1

E degli uomini senza viscere di pietà, saremmo tentati di aggiungere! E dire che un tal uomo pretendeva „penetrare nello spirito della nazione valaca”, lui, cui sfuggiva persino il senso della solidarietà umana innanzi al dolore e alla sventura, ch’è retaggio pur dell’ignorante! Tanto è vero che un uomo dominato dalla vanità di voler apparir dotto in cose che non conosce, pur non essendo, come Renzo, „sopraffatto dal dolore, non per questo sa più di lui „quel che si dica”.

χ) Ruggiero Boscovich.

Un altro abate, un altro dotto, e... un altro viaggio del settecento.

Ruggiero Giuseppe Boscovich, nato a Ragusa il 1711, morto

  1. Op. cit., p. 47