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tale e dei piaceri d’ogni genere, di cui amavano circondarsi in quest’epoca anche gli uomini più serii, come p. es., quel Ienăchiță Văcărescu (1740-1799), che pur ci si mostra così grave uomo politico, e diplomatico fine, pieno d’accorgimento e di dignità; ci fan testimonianza alcuni versi di un curioso poemetto greco contemporaneo1 di un medico, che aveva viaggiato in lungo e in largo l’Oriente, e il seguente racconto, lasciatoci di una sua visita al Văcărescu dal vescovo Gregorio di Argeș2. Narra dunque il buon vescovo, che, abitando egli (nella sua qualità di Archimandrita) nel palazzo della Metropolia, eccoti che, il giorno di Pasqua, Ienăchiță Văcărescu viene con gran pompa a render visita al Metropolita Dositei. Imbattutosi nell’autore, lo chiama presso di sè amorevolmente, e, così, a bruciapelo, gli domanda, perchè mai non si fosse recato ancora a fargli visita, mentre sapeva quanta stima egli facesse di lui, come d’un uomo adorno d’ogni pregio di dottrina e di costumi. Preso alla sprovvista, il buon vescovo non seppe che rispondere, e si lasciò andare a promettergli una visita quanto prima. Ed eccolo un bel giorno in cammino verso la casa del ricco e potente boiero. „Se non che (lasciamola raccontare a lui in persona), quando mi fui accostato al gran cancello, mi fermai di botto nel vedere una gran quantità d’uomini armati con armi d’ogni sorta: Mercenarii, Guardie, Albanesi, Panduri. S’udiva inoltre di continuo un confuso gridare, uno squillare improvviso di trombe e di corni, un rullar di tamburi, e nitrire gran numero di cavalli e di palafreni, mentre dovunque si vedevan cavalli da sella dalle ricche gualdrappe tutte luccicanti d’oro e d’argento. Mi feci piccino piccino e cercai di passar non veduto fra tutta quella gente, finché giunsi, la Dio grazia, davanti alla porta, per cui si accedeva alle scala, dove incontrai altre Guardie armate di lunghe lance, coltellacci, fucili e pistole. Pien di paura passai oltre, non incontrando mai anima viva che mi fermasse, e così giunsi fino alla porta della gran sala. Ma quivi rimasi addirittura abbagliato dalla gran luce della fiamma, che



  1. Ἔρμολος ἢ δημοκριθηρακλεῖτος Μηχαήλου τῦ Περδικάρι ἰατροῦ, 1817, t. I,p 19, citato in Odobescu, Scrieri literare și istorice, vol. I, Bucuresci, Socec, 1887, p. 293
  2. Cfr. Odobescu, op. cit., p.291, n. 2.