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era chiaramente derivata dalla latina? Noi non potevamo esser che latini. Venne così a cadere d’un tratto la pesante cortina di disprezzo, di povertà e di avvilimento che ci copriva. L’aureola di Roma ricinse allora la fronte del contadino asservito, del boiardo alla mercè del capriccio dei turchi. Per quanto basso fossimo caduti, la scoperta d’una origine romana era pur sempre qualcosa. Primo scopo da prefiggersi doveva quindi considerarsi l’illustrazione di una tal discendenza. Per noi, senza dubbio, ma anche per quegli stranieri, che s’erano lasciati andare un po’ troppo leggermente a parlare della „barbarie” dei Valacchi.

Fin dai tempi di Vasile Lupu (1634 — 1653), Grigore Urechie, frequentatore a’ suoi tempi delle scuole latine di Polonia, scrive: „De la Rîm ne tragem, și cu a lor cuvinte ni-i amestecat graiul” 1 . Dallo scrittore italiano del secolo XV Enea Silvio Piccolomini, egli per il primo 2 raccoglie la notizia, che qui da noi sarebbe stato un tempo un certo Flaccus, „Hatman rîmlenesc” 3, che naturalmente Enea Silvio aveva inventato lui 4 per rendersi ragione del nome di „Valahi”. Ma Urechie si ferma qui, seguitando a raccontare in rumeno la storia dei Voda di Moldavia e solo la

  1. [„Da Roma discendiamo e di parole romane è misto il nostro dire.”]
  2. Fra i rumeni, naturalmente, poi che già, come abbiam visto, gli storici polacchi avevano richiamato l’attenzione sul famoso passo della Cosmographia che crediamo utile riprodur qui testualmente, anche perchè nessuno degli storici della letteratura rumena che vi alludono, lo han mai riprodotto: „Valachia lata regio est a Transsylvanis incipiens usque in Euxinum protensa pelagus: plana ferme tota: et aquarum indigua. Cuius meridiem Ister fluvius excipit. Septentrionem Roxani occupant: quos nostra aetas Ruthenos appellat: et versus fluvium Thirannomades Scytarum genus: quos Tartaros hodie vocitamus. Hanc terram incoluerunt quondam Gethae: qui et Darium Histaspis filium turpi fuga repulerunt: et Lysimachum regem vivum in captivitatem pertraxerunt et Thraciam pluribus cladibus affecerunt. Postremo Romanis armis subacti ac deleti sunt. Et colonia Romanorum quae duces coerceret eo deducta duce quodam Flacco: a quo „Flaccia” nuncupata. Exin longo temporis tractu corrupto: ut sit vocabulo „Valachia” dicta. Et pro „Flaciis” „Vadahi” appellati. Sermo adhuc genti romanus est. quumvis magna ex parte mutatus: et homini italico vix inlelligibilis.” Cfr. Cosmographia Pii Papae in Asiae et Europae eleganti descriptione etc. Impressa... per Henricum Stephanum... Parrhisiis..., VI Idus octobris anno Domini M.D.IX, p. 91.
  3. Termine militare polacco equivalente a „generale di cavalleria”. La frase del Costin potrebbe quindi tradursi in latino: Praefectus equitum Romanorum.
  4. Non è esatto. L’inventore, in ogni caso, sarebbe stato Ovidio, su cui il Piccolomini si fonda.