Pagina:Ortiz - Per la storia della cultura italiana in Rumania.djvu/302

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dioso, come per esempio il Teza1, che si è occupato della fortuna dell’Alfieri in Oriente; per quanto riguarda la Rumania, queste mie noterelle son pur le prime, a proporsi di far conoscere in Italia l’eco, che, fin sulle rive del Danubio latino, trovò la fama e la gloria d’un poeta, il quale potrà ben non suscitar più in noi gli entusiasmi, ehe suscitò ne’ suoi contemporanei, ma avrà sempre il merito grandissimo d’aver mirato alto nell’arte e d’aver contribuito validamente alla creazione di quelle „sublimi età”, che han saputo far dell’Italia serva a derisa d’un tempo, la grande nazione, che, forte di suoi diritti, combatte oggi con tanto sereno eroismo a difesa de’ suoi ideali, e ch’egli, „in pravi secoli nato”, andava pur profetando.

Nè solo agl’italiani. Le pagine che seguono (e soprattutto quelle che riguardano le rappresentazioni, che delle tragedie dell'Alfieri si fecero in Rumania); se pur riusciranno a dimostrare qualcosa, che trascenda i limiti della pura e semplice curiosità erudita; questo qualcosa sarà che i greci che si battermi da eroi là sulle mura di Missolungi e di Navarrino, e i rumeni che meravigliarono il mondo col loro assalto alle trincee di Plewna, erano quei medesimi greci e rumeni, che il 1820-21 avevano applaudito freneticamente, al teatro della Fontana Rossa di Bucarest, l’Oreste e il Filippo, recitati in greco da una compagnia di patrioti dilettanti: e più tardi, dalle scene di un altro teatro, avevano strappato l’applauso ad una moltitudine non ancora perfettamente cosciente di sè e delle sue aspirazioni, recitando in rumeno, con tutta l’anima, con tutto l’ardore, con tutto l’entusiasmo di una giovinezza votata ai più santi ideali, e gli occhi fissi in un lontano miraggio di libertà e di patria, la Virginia e il Saul dell’Alfieri.

Incominceremo dunque coll’informare i lettori di queste pagine intorno alle rappresentazioni, che, in diversi periodi di

    del nostro (specie della Vita e di singole tragedie) pur si fecero a più riprese in Europa. Sarebbe desiderabile che qualche studioso colmasse questa lacuna, dandoci anche per l’Alfieri una Bibliografia, di cui poterci interamente fidare, come ha fatto recentemente, per il Goldoni, A. Della Torre.

  1. Emilio Teza, Del „Saul” alfieriano tradotto in armeno dal padre Arsenio Bagratuni, in Atti e Memorie della reale Accademia di Padova, vol. XI. Il povero prof. Renier, in una delle sue care lettere m’informava dell’esistenza di altre traduzioni armene dell’Alfieri, una delle quali possedeva egli stesso. Le altre debbono trovarsi nella biblioteca mechitarita dell’isola di S. Lazzaro.