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oltre il primo volume1. Non sarà inutile aggiungere, giacchè, ci siamo e la notizia può giovarci, che a suo fratello Alphonse Trognon l’Italia va debitrice d’una delle prime2 e meno peggio traduzioni in francese delle tragedie di V. Alfieri; sicchè è da credere che questa coppia di fratelli filo-italiani non dovesse sfuggire del tutto a quell’altro gran filo-italiano, ch’era Heliade, che potè far su di essi assegnamento per la sezione tragica di quella sua Biblioteca Universale, alla fondazione della quale s’era accinto con tanto patriottico ardore. Fatto sta che, se ne togliamo l’Arminio del Pindemonte e il Caio Gracco del Monti, che Heliade ebbe le sue buone ragioni3 di escludere o di sostituire, tutte le altre tragedie, che si contengono in codesto volume, compaiono nello stesso ordine pur nell’elenco delle future traduzioni da accogliersi nella Biblioteca. Quando avremo ag-



  1. Fa parte della collezione pubblicata dal libraio Brissot-Thivars (Paris, 1822-23) e intitolata Répertoire des théâtres étrangers. Cfr. la Bibl. moderne de la France pocanzi citata, sotto Trognon (Alphonse).
  2. La prima, del 1802, si deve a Claude-Bernard Petitot (1772-1825), autore egli stesso di tragedie, una delle quali (Laurent de Médicis) d’argomento italiano. Tradusse, oltre le tragedie, anche la Vita del nostro Alfieri, ma senza porvi il suo nome. Non va confuso con suo fratello Alexandre Petitot, ch’ebbe però anche lui la parte sua nella traduzione del teatro alfieriano, e l’aiutò in quella delle Novelas ejemplares del Cervantes. Più che una traduzione, questa del Petitot è un rifacimento e un adattamento al gusto francese delle tragedie alfieriane. Non saprei infatti spiegarmi diversamente di così, la libertà che il traduttore si prende d’inserir frasi intere di suo capo, di sopprimerne delle altre, di abbreviare i dialoghi, riuscendo a darci un curiosissimo travestimento dell’Alfieri. Chi glielo avesse detto al buon Vittorio, che si scalmanava tanto per sottrarsi ad ogni possibile influenza (anche a quella dello Shakespeare!) che potesse sminuire l’originalità della sua concezione tragica, che il Petitot gli avrebbe racinizzate le tragedie?
  3. L’Arminio è chiaro che fu dovuto scartare da Heliade soprattutto perchè l’argomento dovette sembrargli, com’era in realtà, adatto piuttosto a un tedesco che volesse destar nell’animo de’ suoi connazionali sentimenti d’odio contro la civiltà e la potenza latina, che non a lui rumeno (e come tutti i rumeni, geloso e fiero della sua discendenza romana), che si proponeva uno scopo assolutamente diverso, se non proprio diametralmente opposto. Inoltre il poco valore letterario della tragedia e la necessità in cui Heliade si trovava di non eccedere i limiti propostisi e di serbar le proporzioni nella distribuzione di una materia non meno abbondante che varia, dovettero consigliarlo a metterla da parte. Quanto ella sostituzione dell’Aristodemo al Caio Gracco, essa non può farci alcuna meraviglia. L’Aristodemo poteva non destare sospetti rivoluzionarii, il Caio Gracco non poteva non destarne.