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sono stati fabbricati ed ornati da „maestri” cresciuti alla scuola delle tradizioni artistiche bizantino-italiane, ma che han pur finito col conformarsi ai gusti e alle tradizioni del vecchio modo di costruire rumeno, il che era facilitato dal vezzo dei Principi e dei Nobili di quell’epoca, di voler continuamente ficcare il naso nei dettagli tecnici delle loro fabbriche, anche quando avevano al loro soldo un architetto1.

Possiam dunque considerare come elementi ereditati dall’antichità bizantina: l’uso delle „pisanie”2 (iscrizioni); la ripartizione a seconda dei sessi delle stanze; il belvedere (foișor) chiuso di Potlogi; le volte a cupola; i berceaux d’arêtes; gl’interni; infine le nicchie. Sono invece elementi nuovi: le logge (logiile) che adornano le facciate dei palazzi del Brâncoveanu e son caratteristiche dell’architettura veneziana3; le volte a lunette, per quanto queste ultime appaiano rumenizzate sì da non inquadrar le finestre; infine il modo più sciolto, più largo, più insomma occidentale, con cui tutta la costruzione è lavorata, ciò che appar soprattutto nelle sculture e, più ancora, nelle pitture che perdono quel carattere chiesastico, e, direi quasi ieratico che si riscontra nelle costruzioni anteriori a quest’epoca (le case p. es. dei Cantacuzino) e grazie al quale ogni casa aveva l’aspetto d’una chiesa; ma si laicizzano, si modernizzano e rappresentan le belle scene (Partenza del Brancovani per Adrianopoli — Udienza accordatagli dal Sultano — Ritorno a Bucarest), che decoravano ancora ai tempi dell’Odobescu il palazzo di Mogoșoaia”4

  1. [Cfr. Sulzer, op. cit., III, 49.]
  2. [Cfr. Garnier, op. cit., p. 680.]
  3. [A. Choisy, op. cit., II, 662; Garnier, op. cit., p. 156.]
  4. Op. cit., III (1910) pp. 62 — 68. A queste influenze italiane, altre senza dubbio possono aggiungersene e se ne aggiungeranno di certo col progredire dello studio della storia dell’arte in Rumania. Per ora segnaliamo il buon articolo di AL. M. Zagoritz, Sfeșnice românești și candelabre italiene, pubblicato, con molte e interessanti illustrazioni, in Buletinul Comisiunii Monumentelor Istorice, VII, fase. 25 (Gennaio— Marzo, 1914) pp. 16— 26. Si tratta dell’influenza esercitata dai candelabri italiani in legno scolpito del Rinascimento, quali per esempio il candelabro di S. Croce in Firenze e quello del Museo Nazionale, non dei candelabri di bronzo, dei quali finora s’è parlato. Tra i candelabri rumeni che più risentono dell’influsso italiano, sono a segnalare quello dal monastero Jitianul che somiglia moltissimo al candelabro della chiesa di S. Croce, e quello di Vărbila che rammenta il candelabro del Bargello.