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di re Teodoro, li caricarono colle loro stesse munizioni e fecero fuoco.

Il primo colpo di cannone era stato sparato verso le due dopo mezzogiorno; e alle quattro, vale a dire dopo due ore di fuoco inteso principalmente a incuter timore ai pochi difensori rimasti, fu deciso di mandare la fanteria all’attacco.

Re Teodoro che, durante il combattimento, era rimasto coi suoi pochi fedeli al piede della salita di Magdalà, visto avanzare la fanteria andò a porsi al riparo dietro il primo muro, chiudendo con pietre l’entrata della barriera; la fanteria inglese gli tenne presso e non si fermò più se non entro Magdalà stessa.

Giunti sul primo scalino sotto il fuoco debolissimo ed incerto dei pochi difensori, e trovato ingombro il passaggio della barriera, gli attaccanti si gettarono un po’ a destra e in pochi minuti riuscirono ad aprire nel muro una breccia. Teodoro visto invasa la prima linea, senza quasi opporre resistenza, corse a ripararsi dietro la seconda, ma non abbastanza in tempo da poterne impedire l’ingresso alla colonna irrompente degli assalitori. Costoro, giunti entro Magdalà, non si trovarono più innanzi che pochi fuggiaschi: un ufficiale si diresse immediatamente alla capanna che gli era stata indicata come residenza del Re; ma, in quel frattempo una donna abissina chiamava l’attenzione di un soldato inglese su un cadavere che giaceva non lungi dalla barriera, gridandogli a più riprese: Negus! Negus!

Era infatti il cadavere del Re, il quale, ferito ad una gamba, aveva però voluto assistere sino all’ultimo allo svolgimento del dramma, e visto perduta ogni cosa, s’era dato la morte, scaricandosi una pistola in bocca.

Sopraggiunsero, più tardi, il generale Wilby comandante la 2ª brigata, e non so chi altri, a mettere un po’ d’ordine nei vincitori, i quali, eccitati da certi discorsi di