Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/23

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la, da cui si eramo traviati per veder questa tetrissima Catacomba, a cui in nessun modo può paragonarsi, quantunque tetro anch’esso il luogo della Caverna, che visitò il Fortis, cui dà il nome di vero tratto dell’Inferno di Dante, attissimo a ruminar le tristissime notti di Joung.

Pria di passar da questa all’altra Sala s’incontra a destra una Colonna, alta sedici piedi in circa, attorniata da varie semicolonne, e pani di Zucchero, ora candidissimi, ora nero-candidi sparsi tutti all’intorno, e sembran spuntar dalla terra, e vegetar a guisa delle piante. Tutti questi pani di Zucchero sono più grossi al fondo, che verso la cima, ma sopra di essi pendono altrettanti corrispondenti, che lasciano cader perpendicolarmente le loro goccie, di cui buona parte convertendosi in Corpo solido fa, che col tempo i pani di Zucchero stessi diventino tante Colonne. Penetrammo dopo ciò in una Sala di passi ventiuno di lunghezza, e sette di larghezza, proporzione troppo esatta, se li rifletta alla costruzion del caso. Ma l’altezza irregolare del volto, ove di due passi, ed ove meno, non corrisponde al resto della opera. Quivi per le angustissime fenditure di strati disequilibrati non in gran copia pendono all’ingiù alcune cannette degli stillicidj col solito forelino nel mezzo. Si osservano però degli strati dalla parte destra di questa Sala posti in ordinata positura orizzontale. Due Colonne, che sono sul finire di essa, e che formano una rozza porta, furono a me per ben tre volte, che quì m’internai, le Colonne di Ercole. Dico Colonne di Ercole, poichè nessuno ardiva di oltrepassarle, anzi per meglio dire di calarsi da un altezza di circa settanta piedi. A fissar bene gli occhi al basso, la difficoltà di calarsi sembrava dieci volte maggiore di