Pagina:Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia.djvu/156

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gli agitatori incorreggibili cresciuti ed educati nelle lunghe e ripetute emigrazioni politiche, tranne pochi giovani la cui fantasia si accende in guisa che ne offusca totalmente il criterio, ed alcuno forse di quei sciagurati che non si sentono al sicuro se non nel disordine e nella illegalità; nessuno, dico, approvava l’impresa del generale Garibaldi e ne desiderava il successo, sebbene lo scopo di essa, cioè la riunione di Roma al rimanente d’Italia, sia oramai il principale oggetto dei voti degli italiani.

Questa crisi per buona sorte giunse al suo fine, senza avere cagionato la rovina che sembrava ne minacciasse; del che devesi render grazie alla moderazione dell’Imperatore dei francesi, e al sincero desiderio, anzi al bisogno di pace, che predomina tanto in Italia quanto in Francia. — Che il governo italiano non potesse operare come ausiliario di un branco di giovani indisciplinati, inspirati dai meetings di Ginevra, di Milano e di altre città d’Italia, di poche bande di volontari le quali portavano inscritti sulle loro bandiere principii e sentimenti rivoluzionari, e si dichiaravano seguaci di Mazzini e de’ suoi luogotenenti, creando nelle borgate da essi occupate dei governi provvisorii, che sapevano di repubblica assai più che di monarchia costituzionale, ed operando come avrebbero operato prima del 59, cioè come se la nazione italiana ed il regno d’Italia non esistessero, o ne ignorassero la esistenza; che il governo acclamato dalla intera Italia, e che la rappresenta, non potesse entrare in campo come ausiliario delle bande dette garibaldine, è cosa troppo evidente perchè possa mettersi in discussione. — E tale evidenza appare maggiormente ancora, se si riflette che le popolazioni degli stati pontificii, e la romana in particolare, non si mostrarono per nulla consenzienti ai tentativi fatti sotto pretesto di liberarle, e che il successo degli assalitori non avrebbe avuto luogo senza spargimento di sangue italiano per mano italiana. — Se dunque il nostro governo, il governo di Vittorio Emanuele, si fosse indotto ad unirsi ai garibaldini, esso avrebbe mancato ai trattati, avrebbe condotto i suoi soldati contro gente italiana; e tutto ciò per assicurare il trionfo di una fazione a lui avversa, e così debole ed impotente, che a nulla poteva riescire se non coll’aiuto del regno d’Italia. — D’altra parte il governo del nostro re non poteva combattere direttamente le bande garibaldine, senza incorrere in una guerra civile ed imbrattarsi di sangue italiano; e ciò per difendere diritti ch’esso non riconosce, e contro la cui legittimità egli si è dichiarato. — Le cose stando in tale stato, l’intervento francese, sebbene pieno anch’esso di pericoli, era però il solo mezzo di evitare a noi la guerra civile, e di mettere il Pontefice al sicuro da una catastrofe, la cui responsabilità sarebbe ricaduta sulla nazione italiana e sul suo governo. — Ora che la tranquillità ed un certo buon ordine, compatibile con un pessimo