Pagina:Panzini - Diario sentimentale della guerra, 1923.djvu/157

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di Alfredo Panzini 151


qualsiasi Anticristo o del Zaratustra del buon Federico Nietzsche.

Molti dì noi speravano nella gran rivoluzione promessa dai socialisti . Ma ci siamo dovuti accorgere che la gran rivoluzione non sarebbe venuta. «La rivoluzione? Ah, voi sperate nella rivoluzione? — parevano dirci, così a quattr’occhi, i dignitari dell’ordine socialista —; ma una simile gioia noi non ve la daremo mai! Noi vi uccideremo a colpi di spillo! Noi vi spiumeremo vivi, ma dolcemente, una penna per volta, come si usa con le galline».

E il Governo? lo Stato? Il Governo, lo Stato, parevano come quei re dei tempi feudali. Erano tutto se andavano d’accordo coi feudatari, e se non andavano d’accordo coi feudatari, nulla erano.

Perciò molti si domandavano: «Il padrone dove è? dove ha la sua residenza? Il Codice è uno? son due, son tre? La famiglia che roba è? La proprietà c’è o non c’è? E il proprio dovere si compie facèndolo o piuttosto non facèndolo? E la parola galantuomo in quale senso la si deve interpretare? E il vessillo tricolore?»

Per queste ragioni molti di noi — anche senza avere speciali simpatie — guardavano a Berlino dove era imperatore Guglielmo II. Il quale faceva marciare il suo popolo con sì bel passo da parata che era un piacere. Lì, a Berlino, disciplina e li-