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di Alfredo Panzini 23

pare, ragazzi, che nel secolo ventesimo si possa fare la guerra sul serio?»

Ohimè! Proprio lì, al Circolo Filologico, trovo le tracce della guerra! Un gruppo di giovani tedeschi, già miei scolari, mi salutano. Sono in abito estivo. Dolci volti imberbi escono dai larghi colletti alla Robespierre. Sono calmissimi: consultano l’orario delle ferrovie.

Ci salutiamo.

— E gli altri? — domando.

— Già partiti per la guerra! — (mi prende un tremito, dentro).

— E voi?

— Partiamo domani. — Mi mostrano i fogli di via del consolato germanico, del consolato austriaco: pochi sgorbi su di un mòdulo, eppure segnano la storia!

— Simplon, chiuso. Bisognerà passare per Verona, Ala. Oggi niente arrivati giornali. Neppure posta arrivata. — Così dicono e nulla più. Sembrano tutti presi da un’unica idea rettilinea.

Un sàssone biondiccio, che mi aveva promesso di portarmi un bell’orologio a cucù, dalla Selva nera, mi indica un suo compagno, e dice:

— Anche questo qui, Kriegsfreiwillinger: come si dice in italiano? Oh! «volontario» per la guerra!