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36 Diario sentimentale

gente, in accappatoio, in pijama, che fa tranquillamente il bagno, queste donnette che contrattano uova, pesche, polli, che si raccontano bolognesamente gioiose, eh!, come hanno ammannito il ragù o l’anitra col risotto, i tortelloni col butirro e la forma; queste signorine che bisbigliano dell’abito che sta bene, dell’abito che sta male, mi producono un’oppressione intollerabile.

Renato Serra in questi giorni è venuto di frequente, e mi lascia ogni volta con un «arrivederci» sempre più incerto. Nella sua qualità di ufficiale di complemento, si aspetta ogni giorno il precetto di richiamo.

Anche lui, come me, non ha più voglia di far niente. — Si vive — dice — come in un’altra atmosfera. I consueti discorsi, le consuete occupazioni non mi sembra che abbiano più scopo.

Ho passato tutta una mattina con la schiena nuda, grondante, sotto il sole, in un lavoro bestiale tanto per fare qualche cosa: vagliare la ghiaia del giardino.

— Si desidera — prosegue Serra —, così, appena di parlare con quei due o tre con cui si può parlare senza parole. Ecco perchè vengo da lei.

— Grazie!

Andammo lungo la riva del mare. Egli recitò una sestina del Petrarca.

Fa quasi ridere Serra, questo quasi atletico