Pagina:Panzini - Il libro dei morti, 1893.djvu/26

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pressa ben poco predominio avevano su l’universale, e, se pur di frequente turbavano o atterrivano, non valevano però a infondere nuova vita a quella morta città.

Le vie erano selciate di ciottoli a punta, radi e sconnessi, e ne gli interstizi vi prosperava la gramigna ed il vetriolo, o si coprivano di gialla lebbra. Solo il dì del mercato quelle deserte vie si popolavano alquanto de la gente che veniva dal contado: baroccini e carrettelle, pesanti barocci, gementi sotto il peso de la legna, de’ foraggi, de le biade, de le botti del vino nuovo; e li trascinavano grandi, solenni e candidi buoi, che col loro muggito destavano l’eco assopita di quelle contrade. Il resto de la settimana, anche nei giorni rosei di primavera, era molto silenzio e tristezza. Passava qualche carrozza signorile, le tendine calate, con de’ cavalli slombati, un cocchiere barocco a cassetta: era qualche gentildonna che usciva al passeggio o si recava a la chiesa. Compagnie di preti ne passavano sovente; ed i vesperi lunghi erano quasi ogni dì rotti da la nenia dei funerali o da la pompa de le processioni. Sul fare poi de la sera,