Pagina:Panzini - La cagna nera.djvu/113

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mi raccontate una qualche sciocchezza»; e fu allora che io perdetti la padronanza che aveva conservata su di me sino a quel punto, e cominciai a raccontare quella scena atroce di barbarie che non era, no, una sciocchezza. Certo io mi devo essere esaltato in quella narrazione ma non mi sovviene; ricordo però che vi fu un certo momento in cui mi sorprese la mia voce stessa che suonava sola, in alto, in mezzo ad un silenzio completo.

Tutti si erano voltati verso di me; tutti quei volti mi guardavano con meraviglia. Anche il cuoco si era accostato al tavolo, col suo ventre coperto dal grembiule, e il guattero stava con la testa sull’uscio della cucina e con un tondo in mano.

Allora mi sentii sorpreso, avvilito e d’improvviso tacqui.

— Eh, per Dio —, ruppe uno de’ miei soliti commensali il silenzio —, per una cagnaccia rognosa c’è bisogno di pigliarsela tanto calda?

— No, che non è per la cagnaccia rognosa! — ribattei io, prendendo coraggio dalla sprezzante interruzione e dando sfogo alla fine a quell’idea che mi ribolliva dentro. — Legàtele