Pagina:Panzini - La cagna nera.djvu/44

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uomini che lottano per la vita, mi faceva paura, e l’averne paura mi diceva come per iscritto a grandi caratteri tutta la mia debolezza. Avevo paura, e provavo l’impressione di uno che ha viaggiato, sognando, tutto il giorno in un vagone a letto. Ma quando è venuta la sera, presso gole e picchi di montagne, il treno si ferma di botto, il conduttore apre lo sportello e dice:

— Signore, qui dovete scendere.

Egli scende, nè a pena è sceso che il treno fischia e fugge scivolando su le rotaie; egli rimane solo, sgomentato, con la notte che lo ravvolge, con le montagne che gli fanno vertigine sopra la testa.

Avrei potuto rivolgermi ai parenti ed agli amici per consiglio e per aiuto; ma una timidezza ineffabile di confessare la mia disgrazia, timidezza che io allora nobilitai col nome di giusto orgoglio, mi chiuse questa via che avrebbe pur condotto a buon fine. Avrei potuto, ed era dovere, esaminare sino a qual segno si estendesse la ruina del mio patrimonio e rimediarvi se era cosa possibile. Ma sia che avessi paura di conoscere lo sfacelo completo, sia piuttosto che mi sgomentasse l’idea di dovere fare atti