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Eh — interrompeva la signora che lavorava al tavolo appresso, e si trovava costretta per ore ed ore ad un silenzio assoluto — bisognerebbe mettere sul libro anche il nome di lui....
Egli sorrideva e poi diceva come sorgesse a galla dal fondo della latinità in cui era immerso: — Invero tu hai ragione, e certo il prossimo commento, se l’editore me ne vorrà affidare uno, porterà il nome mio ed eziandio quello di questo valoroso collega.
Io mi profondeva in ringraziamenti ed egli ricadeva, o meglio, tutti e due ricadevamo nella più profonda latinità lasciando la signora lavorare all’uncinetto presso la sua lampadina a petrolio. Molte volte si oltrepassava la mezzanotte in tali studi e si finiva col prendere una piccola tazza di ponce che la signora preparava con liquori che erano un suo segreto; e il borbottare del pentolino a spirito dava il segnale che bisognava chiudere i libri e mettere in assetto le schede.
— In questi paesi non se lo sognano nè meno un ponce fatto così — diceva la signora mescendoci —; ma noi pigliamo il buono dove si trova. È vero che è fatto bene? È una mia specialità.