Pagina:Panzini - La cagna nera.djvu/87

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rina schivò rannicchiandosi tutta di scarto dietro di me.

Ricordo che dentro nell’animo fremetti, eppure non ebbi lo spirito di prendere la cosa in ischerzo e nè meno la forza di reagire contro l’atto villano. Rimasi lì confuso e anzi risposi: «Che volete? è una bestiaccia che non so come sbarazzarmene».

Dopo ci pensai e riconobbi di avere agito parlato da persona debole e timorosa. Questo pensiero mi feriva come il ricordo di una viltà e non lo potevo staccare dalla mente.

Ma quando si usciva fuori dall’abitato, per le viuzze dove c’era un po’ di sole, lei si faceva più vispa, saltarellava avanti scodinzolando; e volgendosi a me sembrava dire con quelle sue pupille umide e intente: «Poveretto, che ci vuoi fare? siamo due poveri diavoli, io e tu: non è vero!.»

Però anche quella villania e quelle volgarità verso di lei mi facevano male; e io ci dava più importanza che non meritassero: e infine cominciai a pensarci su.

Un giorno mi persuasi anch’io che la cagnolina era poco bella: povera bestiola!