![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
220 |
conviene ai signori? Non è vero che il vederti sarebbe la suprema mia felicità, quella oltre la quale non ne spero nè ne bramo alcun’altra in questo mondo? Si, Marianna mia, tutto questo è
vero, e pure io non vengo. Nella mia famiglia (cioè in che ne regge il freno) vi è tale antipatia al viaggiare, che più non puole essere; sicchè tanto è dire di fare un viaggio, quanto è dire a un asino che voli per la spaziosa via dell’aere. Mio fratello sarebbe lietissimo di conoscerti, e parleresti con lui di cose artistiche, chè egli si è fatto entusiasta di opere antiche e moderne di incisioni, disegnatori ecc., ed ammirerebbe i lavori tuoi e quelli di Ninì, e sopratutto ammirerebbe le rare vostre qualità, o care anime. Sempre egli si duole della vostra assenza da Bologna, nel suo soggiorno colà. Nulla io sapeva della lettera di Giordani[1], anzi neppur sapeva s’ei fosse più vivo. Pur troppo conosceva l’ingiuria fatta al nostro diletto Giacomo, e lagrime di sdegno e di dolore mi piovevano dagli occhi a quella dolorosa lettura. Non dico di bramar di leggere quella risposta, sarebbe indiscretezza il pregarti a copiarla di nuovo; ma certo è stato un balsamo salutare il sapere che pur qualcuno ha saputo vendicar l’ingiuria fatta a chi ha tanto onore recato all’Italia ed è un italiano che scrisse quei fogli! Il di lui nome mi produce sempre un fremito d’indignazione impossibile a descrivere. Addio, cara, carissima. Guarda l’azzurro del cielo, e li trova conforto; non val più sperarlo su questa terra. Abbracciami ed amami,
- ↑ La lettera a Felice Carrone.