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II

IL MEZZOGIORNO

POEMETTO

(Secondo la edizione di Milano 1765.)

Ardirò ancor tra i desinari illustri
sul meriggio innoltrarmi umil cantore,
poiché troppa di te cura mi punge,
signor, ch’io spero un di veder maestro
5e dittator di graziosi modi
all’alma gioventú che Italia onora.
     Tal, fra le tazze e i coronati vini,
onde all’ospite suo fe’ lieta pompa
la punica regina, i canti alzava
10Jopa crinito: e la regina intanto
da’ begli occhi stranieri iva beendo
l’oblivion del misero Sicheo.
E tale, allor che l’orba Itaca in vano
chiedea a Nettun la prole di Laerte,
15Femio s’udia co’ versi e con la cetra
la facil mensa rallegrar de’ Proci,
cui dell’errante Ulisse i pingui agnelli
e i petrosi licori e la consorte
invitavano al pranzo. Amici or piega,
20giovin signore, al mio cantar gli orecchi,
or che tra nuove Elise e novi Proci,
e tra fedeli ancor Penelopee,
ti guidano a la mensa i versi miei.