Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/138

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132 la prima forma del giorno


e di mille sapor, di color mille
385la variata ereditá degli avi
scherza ne’ piatti; e giust’ordine serba.
Forse a la dama di sua man le dapi
piacerá ministrar, che novo pregio
acquisteran da lei. Veloce il ferro,
390che forbito ti attende al destro lato,
nudo fuor esca; e come quel di Marte,
scintillando lampeggi; indi la punta
fra due dita ne stringi, e chino a lei
tu il presenta, o signore. Or si vedranno
395de la candida mano, all’opra intenta,
i muscoli giocar soavi e molli:
e le grazie, piegandosi dintorno,
vestiran nuove forme, or da le dita
fuggevoli scorrendo, ora su l’alto
400de’ bei nodi insensibili aleggiando,
et or de le pozzette in sen cadendo
che dei nodi al confin v’impresse Amore.
Mille baci, di freno impazienti,
ecco sorgon dal labbro ai convitati;
405giá s’arrischian, giá volano, giá un guardo
sfugge dagli occhi tuoi, che i vanni audaci
fulmina et arde, e tue ragion difende.
Sol de la fida sposa, a cui se’ caro,
il tranquillo marito immoto siede:
410e nulla impressimi l’agita e scuote
di brama o di timor; però che Imene
da capo a piè fatollo. Imene or porta
non piú serti di rose avvolti al crine,
ma stupido papavero, grondante
415di crassa onda letea: Imene e il Sonno
oggi han pari le insegne. Oh come spesso
la dama dilicata invoca il Sonno,
die al talamo presieda, e seco invece
trova Imeneo; e stupida rimane,