Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/142

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136 la prima forma del giorno


parea dicesse; e da le aurate volte
a lei l’impietosita Eco rispose:
530e dagl’infimi chiostri i mesti servi
asceser tutti; e da le somme stanze
le damigelle pallide, tremanti,
precipitare. Accorse ognuno; il volto
fu spruzzato d’essenze a la tua dama;
535ella rinvenne alfin: l’ira, il dolore
l’agitavano ancor; fulminei sguardi
gettò sul servo, e con languida voce
chiamò tre volte la sua cuccia: e questa
al sen le corse; in suo tenor vendetta
540chieder sembrolle: e tu vendetta avesti,
vergine cuccia de le Grazie alunna.
L’empio servo tremò; con gli occhi al suolo
udí la sua condanna. A lui non valse
merito quadrilustre; a lui non valse
545zelo d’arcani ufici; in van per lui
fu pregato e promesso; ei nudo andonne,
dell’assisa spogliato ond’era un giorno
venerabile al vulgo. In van novello
signor sperò; che le pietose dame
550inorridirò, e del misfatto atroce
odiar Fautore. 11 misero si giacque,
con la squallida prole e con la nuda
consorte a lato su la via spargendo
al passeggiere inutile lamento:
555e tu, vergine cuccia, idol placato
da le vittime umane, isti superba.
     Fia tua cura, o signore, or che piú ferve
la mensa, di vegliar su i cibi; e pronto
scoprir qual d’essi a la tua dama ò caro:
560o qual di raro augel, di stranio pesce
parte le aggrada. Il tuo coltello Amore
anatomico renda, Amor, che tutte
degli animali noverar le membra