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ii - il mezzogiorno 145


sia quant’esser si vuole arcana e grande,
ti spaventi giammai. Se cosa udisti
o leggesti al mattino, onde tu possa
855gloria sperar, qual cacciator che segue
circuendo la fera, e si la guida
e volge di lontan, che a poco a poco
s’avvicina a le insidie e dentro piomba,
tal tu il sermone altrui volgi sagace
860finché lá cada ove spiegar ti giovi
il tuo novo tesor. Se nova forma
del parlare apprendesti, allor ti piaccia
materia espor che, favellando, ammetta
la nova gemma: e poi che il punto hai còlto,
865ratto la scopri, e sfolgorando abbaglia
qual altra è mente che superba andasse
di squisita eloquenza ai gran convivi.
In simil guisa il favoloso amante
dell’animosa vergin di Dordona
870ai cavalier che l’assalien superbi
usar lasciava ogni lor possa ed arte;
poi nel miglior de la terribil pugna
svelava il don dell’amoroso mago:
e quei, sorpresi dall’immensa luce,
875cadeano ciechi e soggiogati a terra.
Se alcun di Zoroastro e d’Archimede
discepol sederá teco a la mensa,
a lui ti volgi: seco lui ragiona;
suo linguaggio ne apprendi, e quello poi,
880quas’innato a te fosse, alto ripeti:
Né paventar quel che l’antica fama
narrò de’ suoi compagni. Oggi la diva
Urania il crin compose: e gl’irti alunni
smarriti, vergognosi, balbettanti,
885trasse da le lor cave, ove pur dianzi,
col profondo silenzio e con la notte
tenea consiglio: indi le serve braccia