Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/152

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146 la prima forma del giorno


fornien di leve onnipotenti, ond’alto
salisser poi piramidi, obelischi,
890ad eternar de’ popoli superbi
i gravi casi: oppur con feri dicchi
stavan contro i gran letti; o di pignone
audace armati spaventosamente
cozzavan con la piena, e giú a traverso
895spezzate, dissipate rovesciavano
le tetre corna, decima fatica
d’Èrcole invitto. Ora i selvaggi amici
Urania incivili: baldi e leggiadri
nel gran mondo li guida, o tra ’l clamore
900de’ frequenti convivi, oppur tra i vezzi
de’ gabinetti, ove a la docil dama
e al saggio cavalier mostran qual via
Venere tenga, e in quante forme o quali
suo volto lucidissimo si cambi.
     905Né del poeta temerai, che beffi
con satira indiscreta i detti tuoi;
né che a maligne risa esponer osi
tuo talento immortal. Voi l’innalzaste
all’alta mensa; e tra la vostra luce
910beato 1 ’avvolgeste; e de le Muse
a dispetto e d’Apollo, al sacro coro
l’ascriveste de’ vati. Egli ’l suo Pindo
feo de la mensa: e guai a lui, se quinci
le dèe sdegnate giú precipitando
915con le forchette il cacciano! Meschino!
Piú non potria su le dolenti membra
del suo infermo signor chiedere aita
da la buona Salute; o con alate
odi ringraziar, né tesser inni
920al barbato figliuol di Febo intonso:
piú del giorno natale i chiari albori
salutar non potrebbe, e l’auree frecce
nomi-sempiternanti all’arco imporre: