Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/158

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152 la prima forma del giorno


rivolgerai: poi col supremo auriga
1105arduo consiglio ne terrai, non senza
qualche lieve garrir con la tua dama.
Servi le leggi tue l’auriga: e intanto
altre v’occupin cure. Il gioco puote
ora il tempo ingannare: ed altri ancora
1110forse ingannar potrá. Tu il gioco eleggi
che due soltanto a un tavoliere ammetta;
tale Amor ti consiglia. Occulto ardea
giá di ninfa gentil misero amante,
cui null’altra eloquenza usar con lei,
1115fuor che quella degli occhi era concesso;
poiché il rozzo marito, ad Argo eguale,
vigilava mai sempre; e, quasi biscia,
ora piegando, or allungando il collo,
ad ogni verbo con gli orecchi acuti
1120era presente. Oimè! come con cenni,
o con notata tavola giammai,
o con servi sedotti, a la sua ninfa
chieder pace ed aita? Ogni d’Amore
stratagemma finissimo vinceva
1125la gelosia del rustico marito.
Che piú lice sperare? Al tempio ei corre
dei nume accorto che le serpi intreccia
all’aurea verga, e il capo e le calcagna
d’ali fornisce. A lui si prostra umile,
1130e in questa guisa, lagrimando, il prega:
— O propizio agli amanti, o buon figliuolo
de la candida Maia, o tu che d’Argo
deludesti i cent’occhi, e a lui rapisti
la guardata giovenca, i preghi accetta
1135d’un amante infelice; e a me concedi,
se non gli occhi ingannar, gli orecchi almeno
d’un marito importuno. — Ecco si scote
il divin simulacro, a lui si china,
con la verga pacifica la fronte