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ii - il meriggio 193


senta la fame esercitargli in petto
lo stimol fier de gli oziosi sughi
avidi d’esca: o se a i mariti alcuno
60d’anima generosa impeto resta,
ad altra mensa il piè rivolga; e d’altra
dama al fianco si assida, il cui marito
pranzi altrove lontan d’un’altra al fianco
che lungi abbia lo sposo: e cosí nuove
65anella intrecci a la catena immensa
onde, alternando, Amor l’anime avvince.
     Pur sia che vuol; tu baldanzoso innoltra
ne le stanze piú interne. Ecco precorre
ad annunciarti al gabinetto estremo
70il noto scalpiccio de’ piedi tuoi.
Giá lo sposo t’incontra. In un baleno
sfugge dall’altrui man l’accorta mano
de la tua dama: e il suo bel labbro in tanto
ti apparecchia un sorriso. Ognun s’arretra
75che conosce tuoi dritti, e si conforta
con le adulte speranze, a te lasciando
libero e scarco il piú beato seggio.
Tal, colá dove infra gelose mura
Bisanzio ed Ispaán guardano il fiore
80de la beltá che il popolato Egeo
manda e l’armeno e il tartaro e il circasso
per delizia d’un solo, a bear entra
l’ardente sposa il grave musulmano.
Nel maestoso passeggiar gli ondeggiano
85le late spalle, e su per l’alta testa
le avvolte fasce: dall’arcato ciglio
intorno ei volge imperioso il guardo:
ed ecco al suo apparire umil chinarsi,
e il piè ritrar reffeminata, occhiuta
90turba, che d’alto sorridendo ei spregia.
     Or comanda, o signor, che tutte a schiera
vengan le grazie tue; si che a la dama