Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/269

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appendice i 263


II.

O mente serbatrice de le cose,
lusinga il mio garzon, mentre l’altera
gente s’afFolla; e di’ per qual cagione
dal canapè si rapida declini.

IV.

 In van pregato
fu il zotico marito, in van di pianto
si rigaron le gote, in vano ad arte
si negò, si concesse, in van fu armata
terribil convulsioni Stette il marito
duro al par di un macigno, e mai non volle
scender dal sangue d’Agilulfo, o in una
sillaba pur dell’avolo il cognome
correggere o piegar con suon piú dolce.

V.

 Il padre eterno
l’occhio girò per l’orizzonte immenso
de’ capricci donneschi; ed a gran pena
veggendone il confin, cesse a’ lor voti.

VI.

     Quindi le antiche madri ed Opi e Vesta
e la gran genitrice de gli dèi,
la turrita Cibele, arman sdegnate
i piú remoti dell’oscuro caos
titoli e fregi. Orribile scompiglio
tutto scuote l’Olimpo; e a novo assalto
sembran venire i figli di Titano.
Sorrise amaramente il sommo Giove
a i tumulti indecenti: e la gran testa
crollando un poco sotto al torvo ciglio,
meditò la vendetta.