Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/163

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APPENDICE ELOGIO DI VINCENZO DADDA (0 Il dottor Vincenzo Dadda fu dotato d’ingegno naturalmente filosofico. Amò fino dalla piú fresca etá di esercitar la mente alla riflessione, e di coltivarla con giusti principi e con solide cognizioni. Nel corso della sua vita si dilettò egli delle cose di belle lettere, d’erudizione, di filosofia in genere, e specialmente di storia naturale, di medicina, d’economia rustica e di fisica sperimentale. Anzi si occupò egli stesso di fare sperienze in materia di fiori, di elettricitá, di ottica, e lavorò di sua mano cannocchiali, telescopi e simili. Non si applicò però egli a questi oggetti se non a titolo di sollievo, e in quegli intervalli di tempo che gli eran lasciati liberi dalla sua professione e dalle sue varie incumbenze. I quali intervalli erano piú frequenti per lui, che soleva svegliarsi e darsi alle occupazioni della mente prima del giorno, a lume artificiale. Il primo ed abituale studio di lui fu quello delle leggi, che professò, come anche dell’erudizione storica, politica e morale, che hanno piú utile relazione con quella facoltá. Quindi è che, ben lontano dall’essere un mero forense, riuscí ben presto profondamente scienziato nelle materie legali, e potè nella sua etá d’anni diciotto interpretare in sua casa le instituzioni civili, con applauso generale de’ suoi uditori. Entrato nell’esercizio del fòro, si conciliò e si mantenne poi sempre un’alta riputazione di probitá, di dottrina, di prudenza. (i) E dato dal Reina, maggior editore e amico del P., come cosa del nostro autore; ma, per ragioni che saranno accennate nella Nota finale, vi ha chi nega che sia opera sua. Lo riproduciamo, a ogni modo, in appendice, perché il lettore non ne sia privo [Ed.].