Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/175

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Quella vastitá, quella vivacitá, quella forza dell’imaginazione, per cui, al servigio d’un talento creatore, si rappresenta quasi in un sol colpo tutta la natura; quella prontezza, quella momentaneitá di cogliere i finissimi rapporti delle idee, che alla comune degli uomini paiono separate ila un’infinita estensione, per poi di tutto questo crearne a propria voglia una interessante novitá; quell’attitudine ad esprimere con veritá, con evidenza, con predominio l’imagine conceputa, in modo che sorprenda, che muova, che piaccia; quell’estro, quell’entusiasmo, quel genio finalmente, sentito assai meglio che dai filosofi definito, si va lungamente preparando nelle segrete officine della natura, finché, o per opera di mille impercettibili combinazioni da se medesimo prorompe, o per industria, che vi si applichi, vien suscitato. Invano gli egiziani, i babilonesi, i fenici, gli assiri, sebbene fossero giá di molto inoltrati nelle cognizioni della politica e della morale, invano avevan tentato, molti secoli prima de’ greci, di fabbricarsi un bello col loro talento e colle lor mani. Siccome non conoscevano essi la via che ve li poteva unicamente condurre, cosí ogni lor passo non era che un piú avanzarsi nelle tenebre, oppure un ricalcare le orme giá fatte. I greci medesimi piú antichi, che appreso avevano da quelle nazioni, erano precisamente nel caso di esse, e, dopo lunghe e replicate pruove, ridotti a ricopiarsi continuamente ed a credere che non si potesse andare piú oltre, appunto in quella guisa che i peruani nell’America e i cinesi nell’Asia non sonosi mai potuti avanzare d’un passo verso quel bello che è l’oggetto ed il fine delle belle arti. Due cose conviene di fare in una nazione in cui si desideri di veder suscitato il genio e promosso il bongusto per le belle arti: la prima si è di proporre agl’ingegni la via che dee tenersi per bene e lodevolmente riuscirvi; l’altra è di fare in modo che il loro gusto non si corrompa, per amore di nuovi cibi e piccanti, c non venga per conseguenza ad abbandonar quel bello, che è bello universalmente e perpetuamente. Ma, per ottenere questi due fini, di suscitare il genio e di promovere il bongusto nelle belle arti, niuna cosa è piú efficace