Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/305

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seguir quella sorte che la lingua va, per tante occulte e palesi combinazioni, incontrando nelle bocche di chi la parla, se si vuole essere inteso e non dispiacere. Ora veggiamo che cosa intendasi per quella lingua che noi chiamiamo «comune» e «nobile» italiana. Questa, come vedemmo piú sopra, fu giá nella sua origine il dialetto particolare d’un popolo illustre dell’Italia; il qual dialetto, passato per le mani d’alcuni eccellenti scrittori di quel popolo stesso, fu da essi purgato, regolato, ingentilito, accresciuto di modo che divenne quasi un secondo linguaggio innestato sul primo, piú rozzo ed irregolare. Quale fu la sorte di questo linguaggio formato, su la base del primo, da que’ primi eccellenti scrittori? Noi vedemmo pure che esso piacque, fin dal suo primo nascere, a molti uomini delle diverse province dell’Italia, nelle quali parlavansi allora e tuttora si parlano diversi dialetti. Vedemmo inoltre che, coll’andar del tempo, ebbe esso la fortuna di essere abbracciato da tutti i popoli dell’Italia, e introdotto e adoperato di mano in mano da essi ne’ loro studiati parlamenti, nelle scritture e ne’ libri. Vedemmo che gran numero d’autori classici ed illustri, né fiorentini né toscani, dettarono in questa lingua opere bellissime d’ogni genere; questi l’arricchirono di molto e di voci e di forme del dire, giudiziosamente inventate o derivate secondo le buone regole dell’analogia; questi, insieme agli eccellenti scrittori toscani, aumentarono e stabilirono in quella la radicale diversitá della elocuzione che conviene a’ diversi stili ; diedero forma e consistenza a quella parte della dizione, che serve a formare ciò che chiamasi «linguaggio poetico», per il quale la lingua italiana si distingue cosí notabilmente dalle altre lingue moderne, e si agguaglia colle antiche greca e latina. Questi finalmente, co’ toscani medesimi, concorsero a fissarne i principi e le regole, considerando l’indole, la natura e l’uso di essa lingua; sicché, per tutte queste cose, e le opere de’ buoni autori toscani e quelle degli altri buoni autori italiani furono poi reputate, dall’una parte e dall’altra, come dettate indistintamente in una stessa lingua comune. La lingua nobile comune italiana adunque è salita a quella perfezione, alla quale, secondo il corso che sogliono fare le