Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/341

Da Wikisource.

quistione se una delle sibille avesse a chiamarsi «cumea», «cumese» o «cumana»; e immediatamente usci un nugolo di libri di alcuni grammatici che ti affogarono nelle risposte. Vidivi anche un’altra stravaganza: che i poeti invitavano talvolta a desinare a casa loro. Vero è che dopo il pranzo avrebbe usato caritá chi avesse invitato loro e i convitati. Io mi trovai un di a casa d’uno di loro. Eravamo tre amici delle muse. L’ospite, il maggior milantatore che ci sia stato giammai, non facev’altro che lanciar campanili e innalzar se medesimo in un certo stile ch’ei chiamava «pindarico». Egli aveva, a quel ch’ei mi contava, certe praterie ove pasceva unagranmandra di cavalli; portava alle spalle un turcasso tutto d’oro, coll’arco tutto d’oro e le frecce tutte d’oro, colle quali avea mille volte spezzate le ali al Tempo e cavati gli occhi alla Morte. L’altro non facea se non continovi piagnistei: egli era una valle di lagrime. I suoi ragionamenti cominciavan tutti cosí: Lasso! mille sospir traggo dal petto. Lagrime che dal cor per gli occhi uscite. Procella di spietati e duri affanni ; e frammischiava a ogni momento una certa sua donna, a cui dicea tuttavia sospirando: Cara mia pena e desiato affanno. Aimè crudele, aimè selvaggia fèra ! Fiamma, che m’ardi ed ossa e polpe e nervi. Ma, a proposito di donne, voi vi dovete ricordare, accademici, di quando eravate giovinetti e che voi leggevate, verbigrazia, Guerrino Meschino e Pietro della Valle, che furono a’ loro di grandi viaggiatori. Dite: che vi cercavate voi con maggiore aviditá: le guerre, gli studi, le leggi? Eh, zucche fritte! Le donne erano, le donne. Non vi sentivate voi imbietolire, quando voi vi avvenivate in alcuno di que’ capitoli, che trattano de’ lor costumi, de’ loro abiti, delle loro bellezze? Ora io non vo’ né manco che nella mia storia siate fraudati di questo sollazzo. Questo è adunque il capitolo delle donne, ciie comincia cosí: Come Parino