Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/362

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Coloro stessi, i quali presentemente si annunziano al mondo colle loro opere in qualitá di professori di belle lettere o di belle arti, e che colle loro opere medesime troppo sensibilmente si discostano dall’eccellenza, hanno una venerazione singolare alle opere de’ tempi buoni, e, benché ignorino dove stia l’arte, studiatisi e vantansi d’imitarle, dichiarando impossibile l’emularle. Tutte le cose degli uomini, poiché dalla prima rozzezza sono salite ad un notabile grado di perfezione, tendono, nel decorso del tempo, a corrompersi e decadere. Quelle medesime, che piú essenzialmente riguardano la felicitá e la sicurezza degli uomini, e al buon mantenimento delle quali parrebbe che si dovesse piú intentamente vegliare; quelle medesime sono pur troppo frequentemente soggette a rivoluzione. La morale, la legislazione, la politica, la guerra, la medicina, l’agricoltura, i mestieri, tutto ciò, nella varietá de’ tempi e delle nazioni, ora è salito a gran passi verso l’eccellenza, ora è piú o manco precipitosamente caduto lá donde si era, non senza grandissimi stenti, sollevato. Se ciò è avvenuto tante volte in cose di tanto rilievo per gli uomini, qual maraviglia è che sia avvenuto di quelle che sono o son giudicate manco importanti, e al benessere delle quali sono perciò gli uomini manco inclinati a prestare attenzione? Grandi, multiplici, composte, sfuggevoli, intrattabili, nascose sono le cagioni che producono si strani cambiamenti. Lasciando però da parte le grandi rivoluzioni naturali, e molto piú le politiche, le quali in un baleno spazzano via, per cosí dire, le religioni, i costumi, le leggi, i governi, le popolazioni e le campagne, quante combinazioni tenui, lente, tacite corrompono le opinioni, s’insinuano ne’ fatti e rodono come tarli la piú eccellente costituzione delle cose? La naturale impazienza dell’uomo, la sazietá, l’amor di varietá, di novitá, la vanitá, l’ambizione, l’invidia del fatto, la impotenza del fare, qualche cattivo esempio accidentalmente fortunato, nonché i vizi dei governi e delle religioni, ora congiunti, ora anco parziali, cagionano il decadimento delle belle lettere e delle belle arti, che per un vincolo comune vengono rapidamente l’una dopo l’altra ad essere contaminate dalla corruttela medesima.