Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/43

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costumato uomo; e finalmente ch’io desidero che voi operiate meco alla medesima guisa, se per avventura qualche cosa vi parrá di poter rispondere a ciò ch’io vi opporrò in questa mia lettera. Ma, poiché io sono quasi caduto in un fallo, in cui voi ancora spesso cadete, cioè del far lunghi prologhi e dello inserire nelle vostre opere delle cose che non ci hanno che far punto, eccomi a spiegarvi qual debba essere il soggetto e l’intento del discorso, ch’io sono per tenere or ora con esso voi. Non gioverebbe punto, voi ben lo comprendete, il dissimulare che voi siate l’autore di quel Dialogo sopra la lingua toscana , di cui si dolgono si altamente i milanesi, cosí idioti come lettterati; imperciocché per tante ragioni, che voi non ignorate e che ora qui non servirebbe di addurre, voi non potete per verun conto tenervi celato. E poi, che accade ciò, quando il nascondervi o il comparir fuora non potrebbe salvar dalle altrui e dalle mie obbiezioni quel libro, di chiunque si sia, il quale ha per titolo Della lingua toscana, dialogo ? In esso libro adunque, coll’occasione che voi pretendevate di voler trattare della lingua toscana, avete parlato assai de’ milanesi e della loro lingua. Si lamentano questi che vei, il quale siete pur nato, cresciuto ed allevato fra loro, che ora vivete del frutto delle loro terre, che occupate una onorevole cattedra di umane lettere nelle loro pubbliche scuole, che siete stato creduto abile a reggere e ad ammaestrare i loro figliuoli, che pur sono il loro unico tesoro e il crescente onore e la deliziosa speranza delle loro famiglie; si lamentano, dico, che voi, ciò non ostante, non abbiate corrisposto alla vostra patria con quell’affezione, ch’essa lusingavasi di poter per avventura meritarsi da voi. Io non credo certamente ciò che alcuni dicono, cioè che voi a malizia abbiate fatto recitare e stampar quel dialogo, per isfogare la bile che voi avevate contro alcuni in particolare e poi generalmente contra tutti i milanesi e le cose loro. Mi sia testimonio il cielo che io ciò non credo certamente. Ma posso io asserirvi lo stesso di tante altre cose, ch’io odo dire e ch’io leggo pure con questi due occhi miei? Di grazia, permettetemi ch’io vi annoveri alcuni altri capi di accusa, che sono