Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/81

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tutto ciò che si possa dire contro di esse. Il che far voi dovete, si per non uscir della quistione, come per non moltiplicare i litigi, con disonore di amendue noi e senza veruna utilitá del pubblico. La quale utilitá tanto piú dee premere a voi, come quello che giá da tanti anni occupate la cattedra dell’eloquenza nelle nostre scuole, e che siete perciò tenuto singolarmente a scriver cose che sieno degne del posto che voi tenete e dell’espettazione che ne dee per conseguenza avere la patria vostra. Anzi ardisco di consigliarvi che voi, imitando i nostri Meneghini, in qualunque lingua nondimeno che a voi piaccia, rivolgiate l’ingegno a trattenere i vostri scolari con materie che sieno vantaggiose prima al loro cuore e poscia alla lor mente. Cosí apprenderanno essi che la veritá debb’essere il fine a cui dee spezialmente tender l’uomo di lettere; che la vera eloquenza non consiste giá solo nelle parole e in quelle che si chiamano «lascivie del parlar toscano», ma assai piú consiste nella robustezza delle ragioni e nella bellezza de’ pensieri; e finalmente che la prima scienza che insegnasi, e che conseguentemente si dee imparar nelle scuole, si è il buon costume, la sinceritá e la moderazione. Ben odo rispondermi da voi ch’io sono piú in caso di ricevere che di dare altrui consiglio; ma condonate il tutto alla mia sinceritá, ovvero, con utile ed onesta vendetta, consigliatemi voi altrettanto, ché cosí cresceranno a dismisura le obbligazioni ch’io ho verso di voi. Che dobbiamo noi altro fare a questo mondo, fuorché cercar d’illuminarci vicendevolmente? E perché ne concede il cielo piú lunghi di, se non perché noi apprendiamo a diventare ognora migliori? Vivete intanto felice, e permettetemi che, come sincero amico, vi abbracci, e, come scolare, vi baci ossequiosamente le mani.