Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/99

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gli scrivo contro, mi faccia poco onore, io mi sono abbastanza giustificato nel principio della mia prima operetta. Ma, se per fine egli-crede che generalmente il titolo di «scolare» debba essere vergognoso (che assai strana cosa sarebbe), io gli rispondo ch’io mi stimerò onorato d’essere a parte di questa vergogna con tutti i maggiori scienziati e con tutti i sommi filosofi, che non sonosi giammai arrossili di dichiararsi bisognosi d’imparare; e che perciò, intanto che tutto il mondo ricorreva alla loro scuola, dichiaravansi scolari di tutto il mondo. Imperocché guai a colui che troppo per tempo si crede maestro e da se medesimo si chiama «dottore di professione» ! conciossiaché il suo sapere non andrá piú oltre, ed a quel tempo sará fissato il termine delle sue cognizioni. Avrete inoltre osservato ciò eli’ io pur dissi di sopra, cioè che il padre Branda piú non sarebbesi ricordato di me, «se il catologo de’ suoi scolari dell’anno 1745 non gliene avesse fatto risovvenire l’idea». Ora io so da persone degne di fede che il suo amor proprio, prima della presente quistione, non gli facea parer degno di si grave dimenticanza quel «certo signor abate Parini», del quale a si grande stento, come ora dice, si è fatto risovvenire l’idea. Anzi quel medesimo interesse fecegli una volta innalzare oltre al dovere il mio piccolo merito, il quale ora fa ch’egli, a se stesso contraddicendo, il deprima e quasi calpesti co’piedi; sicché ora egli eccede nel vilipendermi, come dianzi eccedeva nell’onorarmi. Pure, quantunque dalla mente del padre Branda si fosse al tutto cancellata l’idea della mia persona, sicché, com’ei dice, gli fu d’uopo di ricorrere a’cataloghi, non s’è per tutto ciò dimenticato ch’io era «uno di que’suoi scolari, che ad un altro tempo serbavano far comparsa del loro ingegno e dar pruove del loro sapere», ed a’ quali egli applica que’ versi, ove si paragonano al pruno, che, dopo essersi mostrato rigido e feroce tutto il verno, porta finalmente sulla cima le rose. Che vuol dire ch’ei s’era dimenticato di me e del mio nome, e nondimeno ricordasi ch’io era nella sua scuola «un pruno rigido e feroce»? Se l’idea del mio nome non gli ha fatto risovvenir quella