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22 ix - lettere del conte n. n.

debbano avere quella tenerezza e caritá per li mondani, che, come ho detto da principio, alcuni troppo rigidi e scrupolosi vogliono che sia uno de’ caratteri di quella loro supposta vera ed unica divozione. Vedete di grazia le belle massime! Se queste massime fossero vere, credete voi che potessero entrare in capo anche ad un tizzone d’inferno qual è un eretico? Farmi giá di vedervi tutta smaniarne arder di sdegno contro a questa razza di maestri di spirito, che presumono di riformare il mondo e di ridurlo alla vita spirituale, senz’aver prima trovato un soave nodo col quale congiunger si possa il nostro comodo e il nostro interesse colla pietá e colla divozione. Ma chetatevi, madre Elisa mia dolcissima, e non istate piú ad affannar per la collera cotesto bel petto, che, se ben mi ricordo, voi avevate molti anni sono. Non dubitate, ch’io son presto a darvi nel venturo ordinario certe tenere lezioncine di divozione, ch’io non credo che desse mai frate ad altra giovane contemplativa. Io ho osservato in tutti questi giorni il fiore de’ divoti e delle divote di questa grande cittá, e vi so dire ch’io ho imparati i migliori segreti, che ci possati essere, perché con pochissima vostra spesa v’acquistiate nel mondo il glorioso nome di divota. Raccontandomi intanto alle vostre fervorose preghiere, acciocché mi cresca sempre maggior forza di adoperarmi a vostro vantaggio; e pregovi di mandarmi, di tanto in tanto, ma quanto piú ristrettamente potrete, un catalogo delle vostre opere meritorie, che andrete ogni giorno facendo, acciocché io il serbi tra le mie memorie. Chi sa che una volta non abbia poi a vedere la luce, per edificazione del prossimo e per maggior gloria vostra? Sappiate tener conto di cotesta vostra preziosa vita, andate adagio per non affaticarvi, mangiate cose sane e dilicate per non caricarvi lo stomaco, e parlate quanto piú potete con dimessa voce, acciocché non vi si stanchino troppo i polmoni.

Il vostro conte.