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x - dialogo sopra la nobiltà 33


Nobile. Egli è anzi così come il vostro fluidissimo e vermiglissimo; ma tu ben sai che possa il nostro sangue sopra gli animi nostri.

Poeta. Io non so nulla, io. Di grazia, che credete però voi che il vostro sangue possa sopra gli animi vostri?

Nobile. Esso ci può piú che non credi. Esso rende i nostri spiriti svegliati, gentili e virtuosi; laddove il vostro li rende ottusi, zotici e viziosi.

Poeta. E perché ciò?

Nobile. Perché esso è disceso purissimo per insino a noi per li purissimi canali de’ nostri antenati.

Poeta. Se la cosa è come a voi pare, voi sarete adunque, voi altri nobili, tutti quanti forniti d’animo svegliato, gentile e virtuoso.

Nobile. Si, certamente.

Poeta. Onde vien egli però che, quando io era colassù tra’ viventi, a me pareva che una così gran parte di voi altri fosse ignorante, stupida, prepotente, avara, bugiarda, accidiosa, ingrata, vendicativa, e simili altre gentilezze? Forse che talora, per qualche impensato avvenimento, si è introdotta qualche parte del nostro sangue eterogeneo per entro a que’ purissimi canali de’ vostri antenati? Ed onde viene ancora che tra noi altra plebe io ho veduto tante persone scienziate, valorose, intraprendenti, liberali, gentili, magnanime e dabbene? Forse che qualche parte del vostro purissimo sangue vien talora, per qualche impensato avvenimento, ad introdursi negli oscuri canali di noi altra canaglia?

Nobile. Io non ti saprei ben dire onde ciò procedesse; ma egli è pur certo che si dee parlar con molto piú riverenza, che tu non fai, di noi altri nobili, perciocché noi meritiamo rispetto da voi, se non per altro, almeno per l’antichitá della nostra prosapia.

Poeta. Deh! signore, ditemi per vita vostra: quanti secoli prima della creazione cominciò egli mai la vostra prosapia?

Nobile. Ah, ah! tu mi fai ridere. Pretenderesti tu forse, minchione, che ci avesse delle famiglie primaché nulla ci fosse?