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grandi opere industriali; e si verificò non solo per le imprese appena iniziate, come la strada ferrata della Savoia, ma anche rispetto a quelle portate da lungo tempo a compimento, e fruttanti agli azionisti larghi interessi. In conferma di questa asserzione basti il citare l’esempio della prima strada ferrata dell’Inghilterra e del mondo, il Great-Western.

Questa strada che unisce Londra coi principali centri commerciali dell’Inghilterra, con Birmingam, Manchester e Liverpool, trovasi da molti anni terminata, e coi suoi prodotti procurò agli azionisti un frutto che non fu mai minore del 8 per cento. Ora le azioni di 100 lire sterline di questa strada, che venivano quotate alla Borsa di Londra nel 18S3 da 120 a 125, sono cadute a 95, cioè del 30 e più per cento; e ciò mentre i consolidati scapitavano dal 100 all’89, cioè del solo 11 per cento.

Tenendo a calcolo queste considerazioni, chiaro appare quanto delicato e difficile riusciva il contegno a tenersi dal Governo rispetto alla compagnia della strada ferrata della Savoia. Il costringerla all’immediato e rigoroso adempimento del suo capitolato di concessione era ridarla alla necessità d’abbandonare l’assunta impresa. Il procrastinare nell’aspettativa di tempi più propizi alle speculazioni industriali sarebbe stato il privare per tempo indefinito la Savoia dei benefizi aspettati con tanta ansietà dalla ferrovia, senza migliorare, anzi peggiorando per cresciute spese improduttive, la condizione intrinseca della stessa società.

Abbandonato quest’ultimo partito, come produttore di danni senza compensi, abbiamo preso a maturo esame il primo, ma fummo sconsigliati dall’adottarlo da gravissime considerazioni.

In primo luogo, ove il Governo avesse richiesto ai tribunali di pronunciare in virtù dell’articolo 70 del capitolato la decadenza della compagnia, essa avrebbe opposto le disposizioni dell’articolo 4, il quale annovera la guerra fra i casi di forza maggiore che le danno diritto a dilazione per la esecuzione delle sue obbligazioni. Noi teniamo per fermo che i tribunali non avrebbero trovata valida a pro della società questa ragione; giacché ci pare evidente che il caso di guerra contemplato dall’articolo 4 sopracitato si riferisca ad una guerra nel paese, od almeno a quella a cui il paese nostro prenderebbe parte. Altrimenti basterebbe che un paese qualunque fosse in guerra, per dispensare la società dall’adempimento dei suoi obblighi.

Ma, data pure la certezza di ottenere una condanna di decadenza, qual pro ne sarebbe ridondato allo Stato? La società si sarebbe sciolta, e le finanze avrebbero acquistata la cauzione da essa deposta nelle casse pubbliche. L’esecuzione della strada ferrata della Savoia per mezzo di compagnie private fatta quasi impossibile, è per compenso un guadagno di circa 4,500,000 lire. Ora un tale risultato ci parve altamente deplorabile. I danni materiali, economici, politici, che sarebbero stati l’inevitabile conseguenza della pronunziata decadenza, sono tali da non poter reggere al confronto del beneficio di pochi milioni.

In primo luogo, la dura sorte toccata alla società che aveva assunta un’impresa difficile e di altissima utilità pel paese, avrebbe prodotto un pessimo effetto sulle principali piazze commerciali d’Europa, ed avrebbe inspirato ai capitalisti esteri una diffidenza ed un timore che gli avrebbe allontanati dalle imprese nazionali. La determinazione del Governo non sarebbe stata appuntata d’illegalità, ma bensì tacciata di soverchia severità, giacché è incontestabile che la compagnia Laffitte non ha colpa se la guerra ha fatto succedere alla illimitata fiducia che animava tutti i mercati europei una diffidenza che rende impossibile l’esecuzione delle meglio combinate imprese industriali. Ora, avendo noi assoluto bisogno dei sussidio dei capitalisti esteri per isvolgere tutte le risorse che il nostro paese racchiude, non può essere provvido consiglio l’allontanarli da noi con misure di estremo rigore.

Al danno morale testé accennato si aggiungevano numerosi danni materiali. Una prolungata dilazione nello eseguimento delle ferrovie nelle provincie transalpine, non solo avrebbe ritardato il loro progresso economico, ma avrebbe prodotto funeste conseguenze per molte altre provincie, oltre al grave pregiudizio che ne sarebbe derivato alla ferrovia dello Stato pel diminuito concorso sulla medesima. Col compimento della strada ferrata da Genova a Susa, noi abbiamo fatto sì che di presente il mezzo più pronto per recarsi da Lione in Italia sia l’attraversare il nostro paese nella maggiore sua lunghezza. Ciò deve recare allo Stato ed alla ferrovia in ispecie notevolissimi vantaggi, procurandoci il transito di numerose merci di prezzo elevato e di viaggiatori ricchi ed agiati. Questo benefizio verrebbe per noi perduto, se nulla si facesse in Savoia per rendere le comunicazioni più celeri, mentre la Francia sta ultimando la ferrovia da Lione a Marsiglia. Terminata questa, stando le cose nello stato attuale, si andrà più celeremente da Genova a Lione per Marsiglia, che non passando da Torino e dalla Savoia. La ricca corrente proveniente dai gran centri del nord di viaggiatori e di merci, che sta avviandosi in mezzo a noi, sarebbe nuovamente rivolta altrove, con danno nostro incalcolabile, Questa considerazione ha un tal peso che basterebbe da sé a consigliare la pronta esecuzione della ferrovia della Savoia.

Ma vi ha una terza considerazione che, per essere d’indole politica, non avrà minor valore agli occhi di legislatori illuminati, ed è il deplorabile effetto che produrrebbe sull’animo dei nostri concittadini d’oltre Alpi il rinvio ad epoca indeterminata della costruzione della ferrovia votata l’anno scorso.

La Savoia aspetta la strada ferrata, che unire la deve alle grandi arterie europee, con istraordinaria impazienza. Crede, e con ragione, che essa debba apportare un rimedio ai mali che la travagliano; forse, ne esagera le conseguenze, ma ad ogni modo la considera come una condizione vitale del suo risorgimento. Dopo di averne creduta imminente l’esecuzione, se questa venisse rimandata ad epoca remota, essa ne proverebbe amarezza indicibile. Riputandosi abbandonata dal Parlamento e dal Governo, la Savoia si crederebbe trattata con ingiustizia, e ne risentirebbe forse un tal rancore, da rendere, se non pericoloso, difficile il governare quelle lontane provincie.

La Savoia, più di qualunque altra parte dello Stato, stante le peculiari condizioni in cui si trova, è esposta a subire le note influenze dei partiti estremi. Ci pare quindi che, senza poter essere con fondamento appuntati di esagerare la situazione o di temerla soverchiamente, abbiamo ragione di proclamare come opportuno ed urgente il dare alla Savoia una nuova e solenne prova della simpatia e dell’affetto che le altre provincie del regno sono concordi nel professarle, e dell’alta e benevole sollecitudine del Parlamento a suo riguardo. Appagando la più ardente sua brama col procurare la pronta attuazione in mezzo alle sue più ricche vallate di una ferrovia, noi faremo sparire dall’animo dei suoi abitanti ogni sentimento di diffidenza, e spegneremo così nel suo nascere un germe di discordia, tanto più deplorabile e funesto quanto maggiore è, nei tempi ardui e pericolosi che corrono, il bisogno di concordia e di unione.

Il Ministero, essendosi convinto per i sopra allegati motivi