Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/116

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gione dianzi accennala, che nessuna di esse fu per intiero accettata, nè intieramente respinta da maggioranza di voti neiì’ufficio. Due commissari si dichiaravano pienamente contrari all’adozione delia legge, e con queste parole esponevano i motivi del loro voto. A rendere più chiara ed esplicita la discussione dei punti che stiamo per intraprendere, conviene porre innanzi alcune avvertenze, le quali impediscano che la nostra opinione sia frantesa, e limitino ii senso delle nostre dichiarazioni entro quei termini che loro assegnano le nostre convinzioni, i nostri studi, ed i risultati dell’esperienza che crediamo avere acquistata della condizione del tempo nostro e del nostro paese. Noi avvertiamo essere ai nostri occhi verità dimostrata, ed accessibile a chiunque per poco consideri le recenti vicende, e io stato attuale del Piemonte, e dell’isola di Sardegna, che una migliore e più equa ripartizione dei beni ecclesiastici è necessaria non meno nell’interesse vero e positivo dei servizi che ragguardano direttamente all’esercizio della religione cattolica che in quello della giustizia distributiva tra i ministri della religione medesima. Noi pensiamo che una saggia e conveniente riduzione delle comunità religiose esistenti nello Stato, non che essere dannosa, sia anzi per riuscire vantaggiosa anche sotto l’aspetto religioso, poiché in tal guisa potranno le osservanze dei rispettivi istituti regolari meglio ritrarsi ai loro principii, e riuscire di maggiore edificazione e di maggiore giovamento al pubblico; e si renderà quindi disponibile una certa qual massa di beni che potrebbe più utilmente impiegarsi a servizio del culto. Finalmente noi non possiamo a meno di riconoscere che nelle presenti contingenze sia d’assoluta convenienza che mediante proventi dell’asse ecclesiastico si giunga a far fronte a tutte le spese del culto cattolico, e vengano conseguentemente, in ua'epoca prossima, esonerate le finanze dello Stato dall’onere del contributo di lire 928,412 cui oggidì soggiacciono per la sovrindicata causa. Mentre i tributi d’ogni maniera si sono di tanto ingrossati a carico dei cittadini d’ogni classe, ed i carichi pubblici tuttavia sopravanzano in modo ancora tanto considerevole l’attivo del bilancio dello Stato, ragion vuoie che si pensi seriamente ad accoliare ogni spesa di servizio di culto all’asse patrimoniale della Chiesa neilo Stato, mentre ii valore di tale asse si può con ogni probabilità presumere più che idoneo a sostenere tal peso. Noi ci siamo prevalsi della parola presumere perchè le comunicazioni fatte dal Governo del Re nelle relative tabelle d’enunciativa di stima degli averi dei singoli corpi e stabilimenti religiosi od ecclesiastici non hanno potuto acquistare ai nostri occhi carattere di documento sufficientemente probante. E ciò per due riflessi principalissimi : il primo cioè perchè in tali tabelle si vedono inclusi stabilimenti che non hanno punto carattere di vera ecelesiasticità o religiosità, quali sono parecchie fondazioni meramente pie, dipendenti dalla disposizione dei privati ; il secondo, perchè non si è tenuto conto nelia valutazione dei fondi dei pesi ai medesimi inerenti, aggiunta inevitabile, e che non può a meno di scemarne il valore relativo. Ma questo triplice scopo a cui noi, non meno che gli attuali consiglieri della Corona, aneliamo, non può, a parere nostro, raggiungersi coi mezzi che ora dal Governo in questo progetto di legge ci si propongono. Questo progetto urta, a nostro credere, contro alcuni principii di rigorosa giustizia, d'inconcusso diritto non meno costituzionale che civile e canonico, e quindi il nostro giudizio del pari che la nostra coscienza ci vietano d’acconsentire. L’ulteriore disamina che siamo per istituire sopra i tre principali puati del progetto porrà in chiaro siffatte contraddizioni. Questo progetto di poi avrebbe pure agli occhi nostri il doppio inconveniente di non compiere la sistemazione e l’equa ripartizione dell’asse ecclesiastico che noi desideriamo, e di crescere le difficoltà ulteriori nel conseguimento del desiderato intento. E qui stimiamo debito nostro il fare una franca dichiarazione : checché siasi detto, e tentato da uomini, di cui noi rispettiamo le intenzioni, non ci pare possibile che, salvo lo schietto e testuale disposto del nostro Statuto, e seguendo le sole vie cui un Governo regolare può attenersi, siffatte compiute sistemazione e ripartizione dell’asse ecclesiastico si ottengano se non vi concorre dai suo lato la suprema podestà ecclesiastica a collocarle sopra basi salde e durevoli. Per poco che si guardi alia qualità della materia esaminata da occhi esperti ed imparziali si scorgerà che tale materia essendo anche connessa colla autorità della giurisdizione competente alla Chiesa, dovrassi pure far quella intervenire onda la somma delle cose sia definitivamente regolata e concbiusa. Non ci arresteremo sugli esempi di quanto si fece dall’Assemblea costituente francese nel 1789, esempio che può stare nelle menti, se non s-ulle labbra d’alcuni. Basta a noi l’avvertire che quell’Assemblea per suo proprio istituto procedeva rivoluzionariamente, senza vincolo di leggi preesistenti, senza deferenza a tradizioni conservate e costanti. Noi all’incontro, oltre al non essere la Dio mercè gettati in quello stadio di sovvertimenti in cui versava la Costituente francese, siamo stretti dalle norme invariabili che Io Statuto ci segua, Io Statuto in forza del quale noi esercitiamo questa parte del potere legislativo, che non possiamo scindere nè alterare. Noi formiamo una nazione eminentemente cattolica, nè vogliamo, nè possiamo contravvenire alio spirito della sola religione dello Stato. L’Assemblea costituente francese fu compiutamente logica nel suo procedere. Togliendo i beni al clero essa decretò « que les biens destinés aux dépenses du culte et à tous services d’utilité publique, appartiennent à la nation et sont dans tous les temps à sa disposition. Que les citoyens ont le droit d’élire ou choisir les ministres de leurs cultes. » (Constitution française décrétée par l’Assembiée nationale constituante 3 septembre 179i, titre 1, article 3). Essa aveva nel preambolo di questa stessa Costituzione stabilito che « la loi ne reconnaît plus ni vœux Religieux, ni aucun autre engagement qui serait contraire aux droits naturels, ou à la Constitution. » Eseguita quest’opera di distruzione, quell’Assemblea procedette ad edificare e produsse la famosa costituzione civile del clero. Abbiamo detto che l’Assemblea costituente procedette logicamente perchè condusse dal principio al fine il suo divisamento. Quali funesti effetti ne sieno seguiti la storia ce lo attesta in pagine scritte col sangue. E la storia pure ci addita come quando Napoleone il Grande voleva ricostituire in Francia l’ordine pubblico, pose tra le prime cure il distruggere, per quanto era possibile, l’effetto delle mutazioni inaugurate dalia Costituzione del 1791 in materia religiosa. Ma noi in condizioni tanto diverse, noi diverremmo assolutamente illogici adottando effetti di cui dobbiamo respingere la causa.