Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/118

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a S. M. il 23 settembre 1773, all’epoca della soppressione della Compagnia di Gesù, si spiegava nelle seguenti parole : « Riflettiamo primieramente che dalla soppressione della Compagnia decretata nel primo Breve viene ad indursi la vacanza dei beni che già le appartenevano, essendo vacanti per disposizione della legge non solamente i beni lasciati da chi muore senza erede, ma quelli ancora che restano senza padrone e possessore. « La regalia dei beni vacanti spetta senza distinzione al sovrano principe, di cui sono privativi i diritti del fisco e del territorio, rispetto al dominio e autorità temporale. » Ma nella nostra fattispecie la cosa è ben diversa; oltreché non trattasi di soppressione di ordini religiosi pronunziata da chi ne abbia autorizzata la creazione, non vi è cenno nè esplicito, nè implicito che il Governo riconosca come intrinsecamente perniciosa al pubblico bene l’esistenza di quelle comunità e di quegli stabilimenti, di cui promuove la soppressione per mezzo di questo progetto di legge. 11 ministro proponente si limita a dire nella sua relazione al Senato che le comunità religiose che intende sopprimere hanno cessato di produrre quelle sociali utilità che li rese meritevoli nei tempi andati. Fa specie veramente il vedere che non ad altro che a sociali utilità in genere abbia accen • nato il ministro proponente, e non siasi preoccupato della utilità religiosa, che pure entra e primeggia nel novero delie utilità sociali, che fu la prima istigazione alla creazione ed alTammessione di quelle comunità nei vari Stati. Ma anche dall’essere meno utile all’essere nocivo ci corre un gran tratto, e noi non riconoscendo motivo di eliminare tali comunità per semplice atto dell’autorità civile chequando l’esistenza delle medesime sia evidentemente dimostrata perniciosa allo Stato, non possiamo per nulla accomodarci al partito che ci viene proposto di sopprìmerle per semplice atto dell’autorità civile. Il ministro non scorge verun pericolo per lo Stato nell’esistenza dell’associazione morale che è l’essenza di quelle comunità, poiché soggiunse « che non sarà mai vietato ai religiosi ed alle monache delle comunità soppresse di associarsi e riunirsi per uno scopo religioso, e di convivere se vogliono, » ecc. Dunque quanto all’essenza di queste comunità ecclesiastiche nulla trovò il Governo che la rendesse incompatibile col bene dello Stato. Dunque il progetto si riduce nella sua nudila ad una legge di finanza, o per meglio dire ad una appropriazione che intende farsi il Governo dei beni delle comunità soppresse, per erogarli in altre cause di natura ecclesiastica, onde esonerarsi da! prementovato contributo delie lire 928,012. Ora, questo fatto di appropriazione, previa estinzione dei corpi morali, onde servirsi dei loro beni, non è lecito secondo il nostro modo di vedere. Questa distribuzione, o se meglio piace, questo conguaglio forzato non è scevro di colpa. Cadono qui in acconcio le parole di Edmondo Burke:

  • Dès qu’une fois la nation a établi que les biens de l’Eglise

sont une propriété, on ne peut pas sans inconséquence se permettre d’entrer en examen sur le trop ou sur le trop peu. C’est trahir la propriété que de prononcer sur son étendue par trop ou trop peu (I). » E qui ad antivenire ogni falsa interpretazione della nostra opinione diremo che riconosciamo bensì, secondo l’attuale nostro diritto pubblico conforme a quegli esempi ed a quelle (1) Réflexions sur la révolution française. Paris, 1819, pagina 185. SfcssmvR mi. 1853-51 — Doevmenti — Voi 111 208 tradizioni raccomandateci dal signor guardasigilli, essere il sovrano rivestito di un diritto di protezione e di vigilanza sopra i beni della Chiesa (jas advocatiw, jus inspectionis), ma non inai di un diritto che lo abiliti ad essere da sè solo distributore dei beni delle comunifà religiose o dei benefizi propriamente detti per far fronte alle spese del culto. Perchè meglio si chiarisca il fondamento del nostro concetto, noi lo porremo a confronto anche delle teorie le più sbrigate da ogni antecedente vincolo d’autorità religiosa. Noi rammenteremo come Emma miele Kant, esaminando gli effetti giuridici derivanti dalla natura dell’associazione civile, difende bensì la tesi, che lo Stato può in ogni tempo abolire i corpi morali della natura di quelli di cui noi ragioniamo, col carico di tenere indenni i membri di essi corpi che sopravvivono alla soppressione, ma subordina questo diritto dello Stato alla condizione assoluta che l’opinione religiosa del popolo sia cambiata, vale a dire, che la religione a cui si riferivano quei corpi morali abbia cessato d’esistere (1), Dunque secondo la dottrina metafisica di diritto esposta e propugnata da Kant e dalla sua scuola, questa ragione estesissima, che tiene la sovranità civile, di sopprimere gl’istituti religiosi e di approprimene i beni, si subordina alla negazione legale della religione cui erano dedicati quegli istituti. Ora, chi ardirà dire che tale sia in diritto ed in fatto il nostro paese? Presso di noi le popolazioni sono eminentemente religiose, ed il Ministero lo ha anch’esso ripetutamente in varie circostanze riconosciuto ; lo Stato è legalmente cattolico, mentre la ricognizione della religione cattolica, apostolica e romana, come sola religione dello Stato, fa parte integrante della nostra costituzione politica, come la faceva dianzi delia nostra legislazione civile; dunque anche in semplice tesi filosofica astratta mancherebbero tra noi gli estremi per sostenere l’esercizio del diritto su cui si fonda il Ministero nel presentatoci progetto di legge. Le cose fin qui ragionate ci paiono bastcvoli a confermare il rifiuto che noi facciamo del principio posto in atto nell’articolo 1 del progetto, principio che domina in tutto il successivo contesto. Veniamo tuttavia ad esporre anche i motivi particolari che ci muovono ad opporci all’articolo U, massime nella parte che pronuncia in virtù di soia autorità civile ia soppressione dei capitoli delle chiese collegiate. Le nostre considerazioni su questo punto s’informeranno ai principii del diritto canonico, diritto del quale non possiamo respingere l’autorità trattandosi d’ana parte essenziale dello stabilimento di presente riconosciuto ed inconcusso della Chiesa cattolica, espressione esterna, inseparabile della religione dello Stato. Diffatti le prebende de’ capitoli delle chiese collegiate non sono altrimenti benefìzi semplici, esse hanno annessi offici permanenti, come le ufficiature corali ed altri servizi religiosi, e per la massima parte que’ capitoli ritengono cura d’anime od attuale, od almeno abituale. La loro soppressione pertanto intaccherebbe essenzialmente il servizio del culto, e non si potrebbe neppure sostenere mercè dell’addetta assimilazione ai benefizi semplici (2). Va esempio tratto dalle vicende della nostra legislazione arrecherà lume ed appoggio alle osservazioni che siamo venuti facendo in proposito. (1) Principes métaphysiques du droit, par Em. Kant. Parie, 1853, pag. 194-95 et 449 a 451. (2) V. Conci 1. Trident. Sess. XXII, cap. IV, De réforw.