Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/119

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Quando col decreto della Commissione esecutiva dell’8 germile anno IX (29 marzo 1801) si operò il così detto affranchimento delle cappellanie e benefizi semplici di padronato laicale, l’applicazione di tale disposizione erasi fatta abusivamente dalle autorità giudiziarie ed amministrative ai canonicati dei capitoli cattedrali come deile semplici collegiate. Ma non andò molto che si corresse l’errore in seguito ad una lettera indiritta all’amministratore generale del Piemonte dal consigliere di Stato Poiiaìis, allora incaricato di tutti gli affari concernenti i culti, ed il decreto di detto amministratore generate in data del 3 messidoro anno XII pedissequo alle istruzioni avute, enuncia specificamente cbe non dovevano confondersi co’benefizi semplici e conseguentemente aversi per capaci d’affranchimento « fous les canonieats soit de cathédraìes, soit de collegiale? qui imposent mie obPgation d’un service personnel et journalier. » Strana pretesa poi sarebbe quella di voler sostenere che il Governo civile di uno Stato in cui la religione cattolica è la sola religione dello Stato possa attribuirsi il diritto di conservare o togliere a suo arbitrio gli uffici ecclesiastici secondo il giudizio più o meno favorevole che per esso si faccia della loro rispettiva utilità religiosa. Siffatta attribuzione a tutti quelli che rispettano la divisione delle due podestà parrebbe ingiusta, a tutti gli uomini religiosi tornerebbe a scandalo, a quelli che lo sono meno si appresenterebbe ridicola. Passiamo ora al terzo punto capitale de! nostro dissenso dai principi! di questo progetto di legge. Esso concerne la quota di annuo concorso imposta coll’articolo 18 sulle varie specie di benefizi e di stabilimenti ecclesiastici ivi enunciati. Tale concorso, che tiene una proporzione crescente a misura che si riferisce a reddito maggiore, e che s’alza all’ingente quota del 18 o del 20 per cento del reddito netto quando si applica alie specie segnate a, b, c, e si protende sino ai terzo od alla metà rispettivamente dei reddito netto nella specie segnata d, sembra a noi in manifesta contraddizione cogli articoli 2b e 29 delio Statuto. Ditiatti l’imposizione di detta quota di concorso od è una detrazione di proprietà sui generis, o si ravvisa come imposta speciale. Nel primo caso essa incontrerebbe l’ostacolo deìi’articolo 29 sopra citato e ricadrebbe sotto la riprovazione legale che abbiamo accennato parlando dell’articolo 1 di questo progetto; oppure dessa è un’imposta speciale ed allora non si presenta più graduata colla regola imprescrittibile stabilita dall’articolo 28 della Statuto, e diventa invece una vera imposta progressiva, cattiva in sè, pessima per l’esempio. Nè sarebbe da dimenticarsi che per le nota convenzioni del secolo scorso tra S. M. e la Corte di Roma essendo fatta facoltà a S. M. d’imporre sulle mense vescovili pensioni sino alla concorrente del terzo del loro reddito nello trovasi già grandemente ridotta la materia imponibile colla nuova quota di concorso, e notevolmente assottigliato il reddito disponibile agli arcivescovi e vescovi. Molti altri appunti avremmo anche gravissimi da proporre, ma non così capitali come quelli che abbiamo accennato, ai quali pertanto ci limitiamo. Se tuttavia si discendesse all’esame dei singoli articoli del progetto non si tarderebbe a scorgere come nessuno quasi sarebbe scevro da fondata critica, sia sotto il rapporto dei principii, sia sotto quello dell’economia intiera della leggexhe si appresenta a noi affitto difettosa. A queste considerazioni aggiungevano! per gl’istessi commissari i seguenti riflessi appartenenti ad un altro ordine d’idee. Non sembra fuor di luogo esaminare, dicevano essi, se, nelle attuali condizioni, una tale offesa al diritto di proprietà sarebbe cosa di lieve momento, o se all’incontro diventar non potrebbe radice di perniciosissimi effetti. Antica è la lotta tra coloro che vogliono acquistare e quelli cbe vogliono conservare ; si appalesarono più volte nei mondo massime contrarie al diritto di proprietà, e a tulli è noto come, in tempi di minor civiltà, fu giocoforza usare potentissimi e crudeli rimedi per rintuzzarle. Ma pel passalo tali massime apparvero alla spicciolata, su vari punti, in angusti confini ed in momenti diversi, laddove a’ tempi nostri, per la maggiore facilità delle corrispondenze e per la cresciuta diffusione delle varie dottrine, esse serpeggiano generalmente ad un tratto e quasi per tutto, sicché riuscirebbe in proporzione assai più malagevole i! porvi riparo. Tralasciando ogni altra citazione in proposito basti d’addurre, a conferma di tale verità, una testimonianza sommamente autorevole. Nell’aureo libro dato alla luce testé sull’origine o sui progressi delie instituzioni deila monarchia di Savoia, il cavaliere Luigi Librario, dopo aver toccato dei moti dei rustici contrc al sacro ed inviolabile diritto della proprietà che, a giusta ragione, egli chiama base indispensabile d’ogni civile consorzio, e, dopo aver accennate le cospirazioni scoppiate nelle valli di Brezzo e di Pont, prorompe in questa memorabile sentenza : Bollono anche ai dì nostri questi perfidi umori ; e se £ Governi ed i popoli non son più che savi potrebbero orribilmente divampare (t). Ora, è lecito domandare di qual tristissimo esempio sarebbe una simile offesa al diritto della proprietà, qualora venisse sancita per legge dai nostro nazionale Parlamento? Inescusabile colpa sarebbe il dissimularlo; da siffatta scintilla eccitar si potrebbe vastissimo incendio, ed infmito scompiglio si desterebbe prima di venire a capo di estinguevo. E tutto ciò alla vigilia forse di strepitose vicende cbe, giusta ai dettami dell’esperienza, le dissensioni intestine renderebbero ancora più disperate. Da noi non si dia occasione di fomentar, eoo danno universale, le mal celate avidità e le fatali discordie che ne sarebbero conseguenza immediata; evitiamo d’andare incontro a qualunque tardo, ma pur fondato rimprovero. Avvegnaché colla legge proposta non si miri a spogliare il clero di tutti i suoi beni, pure per essa si aprirebbe l’adito a ciò fare ogni volla che per l’avvenire la pubblica potestà venisse a cadere in mani meuo discrete di quelle che ne tengono le redini oggidì. Si cadrebbe allora neli’inconveniente d’un clero stipendiato, e per ciò dipendente e ligio; si troncherebbe il mezzo di savia e legittima opposizione contro a chiunque intendesse di confiscare a suo prò le pubbliche libertà largite a’ suoi popoli dal magnanimo Re Carlo Alberto. Abbiamo giurato di osservar io Statuto ; quindi c’è imposto l’obbligo d’impedire coi voti nostri che non si violi, e di far tutto ciò che è possibile affinchè si conservi. Prima di formolare il loro vote definitivo gii stessi commissari esprimevano ancora le considerazioni che seguono, suggerite loro dal corso della discussione. Non potremmo venire a conclusioni finali senza arrestarci alquanto sul sistema di quota graduata di concorso forzalo, (1) Origiiii e progresso delle insUtusioni della monarchia eli Bornia di Luigi Citando. — ’L'orino, Stamperia Reale, 1834, pag. 21, 22 e 23.