Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/314

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lalive agli usi commerciali possano sempre bastare i principi! generali dei diritto e le sagaci risposte dai romani giureconsulti raccolte nel digesto, i quali però esercitavano con ragione filosofica il loro criterio sui fatti che occorrevano nella vita civile ai tempi loro, ma non potevano avere in mira le operazioni de! commercio che sarebbonsi formate nella seguenza dei secoli. Essi oppositori non sogliono avvertire che, nelle cause attribuite ai tribunali di commercio, non trattasi propriamente che di accertare la vera natura dei fatti commerciati, daiìa esplicazione dei quali emerge naturalmente il diritto, senza sottilità dì ragioni, e cbe, siccome i commercianti ignorano e non si curano di sapere ciò che scrissero i sapienti espositori della ragione civile, ma ben sanno ciò cbe vogliono operare e conseguire mediante le loro contrattazioni, i tribunali di commercio sono per tal ragione unicamente intesi a disvelare la volontà delle parti e a definire ciò che richiegga la buona fede commerciale, sola veritale (adì inspecta, adempiendo in certo modo alle funzioni di buoni arbitri, meglio che a quella di giudici. Per ciò appunto che la instituzione dei tribunali di commercio ha per oggetto tale qualità di cause in cui il fatto prevale, la legge comanda che le quistioni relative all’esecuzione delle loro sentenze debbano recarsi davanti ai tribunali ordinari (1), Nella esecuzione dei giudicati, per la varietà e moltiplicilà degli interessi che sogliono venire a conflitto, insorgono in fatti le più difficili ed intrecciate questioni sul diritto. E similmente perchè, definite una volla da giudici speciali e competenti le cause puramente commerciali, riesce molto più facile un secondo giudicio il quale versi ugualmente e sulla critica dei fatti e sulla legittimità delie deduzioni che produssero la prima sentenza, bastando l’esercitato ed illuminato criterio dei giudici legali a discernere i difetti delia medesima, a quel modo stesso in cui essi giudici sanno avvertire le fallacie dei periti e respingere talvolta le loro conclusioni, in materie anche speciali, traendo dall’insieme delie cose una diversa convinzione, la legge vuole che le cause d’appello dalle sentenze dei tribunali di commercio possano decidersi daile Corti, senza che faccia mestieri dell’intervento di altri giudici commerciali. Per la stessa ragione che le decisioni dei tribunali di commercio debbono unicamente versare su fatti commerciali, il rispettabile ceto dei negozianti, il quaie non vorrebbe certamente commettere la risoluzione delle sue controversie puramente civili a persone straniere allo studio delie leggi, facendo giusta stima delie esigenze del commercio, intensamente desidera che le cause commerciali siano giudicate da uomini tratti dal proprio seno, i quali, lasciate in disparte le dotte ed argute discussioni, sappiano opportunamente discernere, nei singoli casi, con la scorta del loro naturale buon senso e della pratica nozione degli usi e delle tradizioni del commercio, ciò che sia conforme alla buona fede. A proposito di questa legge si verrà forse, o signori, ripetendoli già usato rimprovero che in opera di legislazione noi andiamo sempre imitando e ricopiando le leggi straniere. Ma non è qui ii luogo nè di ricercare qual parte di vero possa involgere cosiffatto rimprovero, nè di dare risalto alle molte ed utili innovazioni che aggiunsero pregio ai nostri Codici. Seglistranieri ci precedettero nel lavoro della codificazione, e noi siamo perciò costretti a seguitare le fraccie loro, sarebbe invece singolare che, per amore dì originalità e per (1) Codice di procedura civile, articolo 668. fuggire l’esempio altrui in ciò che la ragione comanda, si avessero a pretermettere le più utili riforme. Nelle materie commerciali, non meno che nelle civili, conformando in varie parti le nostre instiluzioni con quelle di Francia, non facciamo, o signori, che adottare ciò che fu di origine veramente italiana ; e massime io ciò che risguarda il commercio noi rivendichiamo e ripigliamo ciò che gli Italiani in tempi posteriori a quelli in cui le leggi romane diventarono ii giure europeo, insegnarono e comunicarono ai Francesi ed alle altre incivilite nazioni. I! diritto commerciale nacque e crebbe in Italia, e fu propagato in Francia per opera dei commercianti italiani, e massime dei fiorentini che vi trasferirono le loro industrie e vi aprirono primamente i loro banchi (1). Anche in Italia ebbe origine la giurisdizione commerciale esercitata da giudici eletti nel ceto dei negozianti, fino da quei tempi in cui le città italiane del medio evo, col rivendicarsi in liberlà, costituirono i loro magistrati, a similitudine di Roma antica, e diedero loro il nome di consoli. Eranvi però de’ consoli il cui uffizio era unicamente inteso alla definizione deile liti; perciò quel nome rimase ai giudici dei mercanti (2), la carica dei quali non poteva essere che elettiva. E fu quindi ad esempio dei consoli negozianti italiani che il cancelliere L’Hopital nel secolo xvi prese ad ordinare nelle città commerciali di Francia i primi tribunali di commercio (3). Ma perchè la giurisdizione commerciale possa efficacemente corrispondere al fine della sua instituzione, oltre all’essere esercitata da persone addette abitualmente a! commercio, è mestieri che ella sia ad un tempo elettiva, temporaria e gratuita. Il Codice di commercio già acconciamente provvede a che i tr'bunali di commercio siano composti di persone tratte dal celo de’ commercianti, e prefigge il tempo alla durata delle loro funzioni che vogliono essere gratuite: quindi è che l’attuale progetto di legge, ponendo per base che essi tribunali debbano attuarsi dovunque secondo le disposizioni del titolo I, libro IV di detto Codice, ha per oggetto di rendere i giudici eleggibili e di regolare in conseguenza ii modo della loro elezione e della loro instituzione; senonchè, ad ottenere che i tribunali commerciali vengano stabilmente ordinati in (1) Gli scrittori francesi non possono negarci questa giustizia. Fra gli altri il signor Fremery, che nella sua opera Etudes de clroit commercial, al capitolo II, ove trattasi delle sorgenti dì esso diritto, pone per epigrafe le parole del verso virgiliano nell'Eneide, Italiani, Italiani!! così scrive; « Si prenant notre législation sur ces matière ou celle de tout autre pays, on suit, en remontant, la chaine et la migration des idées, de quelques point qu’on parte toujours on arrive en Italie; et quand on en voifc l’exemple chez 3’autre nation, c’est qu’un peuple italien -y en a apportò la pratique. » (2) « Et profecto non unus erat consulum ordo, sed aliis credebatur supremum politicum regimen, aliis vero (iuris videlicet peritis) cura decernendi lites civiles inter populum exsurgentes Et profecto etiam post inventimi amplissi-. munì munus potestatmn, hoc est praetorum, adhuc nomen et officium consulum perdurant qui videlicet magistratura spectant in re maritima awt mercatoria, sive iudiciis praesunt, aliisque regimiti is publici functionibus ita consiiles mercatormn Mediolani, Mutinae, Ferrariae et alibi occurrunt. » (Mukatoki, Antiq. ìtal., tom. IV, pag. 49 e seg.)(3) Il cancelliere L’IIopital, profugo in Italia ne’ suoi più verdi anni, fece i suoi studi legali nell'Università di Padova, c fu delle cose italiane assai studioso.